E’ morto il giornalista Giorgio Tosatti

09/01/2009

ROMA, 28 FEB (Italia Estera) – E’ morto Giorgio Tosatti, ex direttore del Corriere dello sport-Stadio ed expresidente dell’ Ussi (Unione Stampa Sportiva Italiana) , noto opinionista di quotidiani e televisioni. Tosatti è morto a Pavia, dove era stato sottoposto a un trapianto di cuore lo scorso ottobre, al Policlinico San Matteo, dall’equipe diretta dal professor Mario Viganò. Nell’ultimo mese però delle complicazioni lo avevano riportato in ospedale. Aveva 69 anni. Giorgio era il figlio di Renato Tosatti uno dei giornalisti morti nella sciagura di Superga con la squadra del grande Torino.A prezzo di enormi sacrifici una volta finiti gli studi Giorgio riuscì a fare il giornalista anche lui. Era un Grande.
Antonello Capone, presidente dell’ Ussi, ricorda così Giorgio Tosatti. “Giorgio Tosatti è stato una figura fondamentale nello sviluppo del giornalismo sportivo, diventando per tanti anni uno dei punti di riferimento per i colleghi e per lo stesso mondo del calcio”. Tosatti, sottolinea Capone, “é stato anche uno dei critici più seguiti non soltanto sulla carta stampata ma anche in televisione. Ed è stato anche uno dei presidenti che ha dato maggiore sviluppo e notorietà all’ Ussi”. “Lo abbiamo seguito – conclude Capone – in tutto questo tempo in cui ha affrontato con coraggio e determinazione un delicato trapianto, che per tanti anni aveva temuto”.

Paola Ferrari che con Giorgio Tosatti ha lavorato molti anni in tv, a ‘Novantesimo minuto’ e anche alla ‘Domenica sportiva’ dice: “E’ stata una cosa assolutamente inattesa: ci siamo sentiti pochi giorni fa, stava meglio, doveva venire a Roma e facevamo come sempre progetti insieme per il futuro. Per me Giorgio Tosatti è stato tutto: un secondo padre, un maestro. Ci legava un’amicizia profonda”. E’ commossa Paola. “Dal punto di vista professionale per me è stato tutto – ricorda – tanto che quando parlava prendevo appunti. Ho avuto l’onore di lavorare con lui ma ci legava anche un’amicizia profonda: ci sentivamo al telefono quasi tutti i giorni e quando sono venuta a Roma ho anche preso casa ad un passo da casa sua”.
Ora, con la sua scomparsa, la Ferrari si augura “che il mondo del calcio, che per lui era tutto, dopo la famiglia, si ricordi di Tosatti come di un grande maestro, dell’ultimo gentiluomo di un mondo che va a rotoli. Lo devono ricordare con rispetto e rammarico”. Un maestro infaticabile: “era affaticato ma aveva sempre voglia di lavorare, di seguire le notizie per non essere mai banale. Era anche molto duro, non era sempre facile, ma perché non si accontentava ed era un accrescimento continuo. A volte in passato ho pensato anche di lasciare il mondo del calcio, poi sono andata avanti per lavorare con lui. Sono stata molto fortunata perché ho lavorato al fianco di un grande”. Tanto che, ancora pochi giorni fa, Ferrari e Tosatti facevano progetti insieme: “fino a due giorni fa, quando mi ha chiamato per dirmi la sua perché mi aveva visto in tv. Mi ha detto: ‘Finalmente sto bene. Vengo a Roma e ricominciamo a studiare qualcosa da fare insieme’. Sono stati anni fantastici”.

Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha inviato un messaggio di cordoglio alla famiglia Tosatti. Il testo è stato reso noto dal Quirinale. “Partecipo con sentimenti di sincera commozione – scrive il capo dello Stato – al cordoglio per la scomparsa di Giorgio Tosatti, giornalista acuto e commentatore sportivo equilibrato e autorevole. Il mondo dello sport perde con Tosatti un protagonista di grande qualità e moralità”.
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40 anni di emozioni in prima fila
di Germano Bovolenta Gazzetta.it

Due anni fa era uscito l`ultimo libro di Giorgio Tosatti, “Tu chiamale, se vuoi, emozioni”. Ecco l`articolo-omaggio con cui la Gazzetta lo aveva presentato
Due anni fa era uscito “Tu chiamale, se vuoi, emozioni”, il libro in cui Giorgio Tosatti racchiudeva 40 anni di vita da giornalista. Ecco l`articolo che la Gazzetta aveva pubblicato il 18 novembre 2005.
“Ma non volevo fare il giornalista. Il paragone con lui mi schiacciava…». Lui è Renato Tosatti e lavora alla Gazzetta del Popolo di Torino. La domenica porta il piccolo Giorgio in redazione per fargli vivere l` atmosfera. Gli fa leggere i giornali, si fa segnalare le notizie curiose. Un gioco, una finzione per motivarlo. Un modo per farlo appassionare al suo lavoro. Ma Giorgio non voleva fare il giornalista. Sognava di diventare biologo o archeologo. Il 4 maggio 1949 l` aereo del Grande Torino sta rientrando da Lisbona. Renato Tosatti è su quell` aereo. Il bambino Giorgio va a prenderlo al giornale. Lo fa sempre quando rientra da una trasferta, per poi tornare a casa assieme.
Davanti alla Gazzetta, in Corso Valdocco 2, ci sono centinaia di persone immobili. «E` caduto l` aereo del Torino». Un usciere dice al piccolo Giorgio: «Il tuo papà è morto». «Mi riaccompagnò il barbiere che aveva il negozio lì davanti: era amico di papà e dei giocatori granata; andavano tutti da lui, compreso Gabetto, così imbrillantinato da non sciupare la sua perfetta pettinatura neppure quando segnava di testa…». Poi i funerali. «La città era muta e spenta e respirava dolore. Una lunga processione di automezzi portava le bare sepolte da cento e cento corone: ero orgoglioso che sul camion di mio padre ve ne fossero d` immense».
Poi il ricordo. «Mi perseguitava la foto della sua macchina da scrivere distrutta fra i rottami dell` aereo. Avrei voluto aggiustarla, farla crepitare come faceva lui…». Il figlio di Renato Tosatti che sognava la biologia diventa giornalista. «La sorte decise al mio posto: dovevo mettermi a lavorare per esigenze di sopravvivenza familiare». Lo aiutano due amici del padre: Paolo Cesarini, grande inviato di guerra, e Bruno Raschi, firma storica del ciclismo. Comincia a diciannove anni, come apprendista a Tuttosport. «Interpreto il ruolo con impegno totale, feroce, con senso del dovere e dell` onore militaresco». A ventidue anni è già caposervizio, a venticinque inviato con sede a Roma, a ventisette caporedattore al Corriere dello Sport, poi direttore. Poi editorialista al Corriere della Sera, opinionista in Rai.
«Scrivo ancora sulle portatili, attirandomi le ironie di colleghi e amici conquistati dal computer. Non possono sapere quale legame rappresentano per me», dice Giorgio Tosatti. Scrive e vive lo sport, è un testimone. Nel suo ultimo libro “Tu chiamale, se vuoi, emozioni” raccoglie gli articoli più significativi, ricostruisce quarant` anni della nostra storia: dalla scomparsa del Grande Torino ai trionfi del Napoli di Maradona. Storie di vittorie e sconfitte, di piccoli campioni ed eroi indimenticabili. Tosatti ci porta a spasso nel tempo ed è un percorso struggente, una grande cronaca piena di momenti ed emozioni. Parte dal Filadelfia, il giorno in cui lo portarono alla prima partita del Toro dopo la tragedia. «Come sembravano piccoli i giocatori granata. Poi nel silenzio si alzò la voce triste di quella tromba: una nota stridente, un groppo di pianto, un gemito. Suonò ancora la carica come aveva fatto per tanti anni. Una carica senza gioia, un rabbioso addio».
Il viaggio si snoda fra uomini e spettacoli e trionfi. La storia del pugile nero Walker Smith di Harlem che lascia la fame e itormentie cambia nome ediventa Ray Sugar Robinson. Tappa nel paese di Primo Carnera, dove passa il Giro d` Italia e la scritta «Carnera saluta il giro». Il Bologna del dottor Fulvio Bernardini detto Fuffo, lo spareggio e lo scudetto contro l` Inter di Helenio Herrera. Ecco Giacinto Facchetti che «ha la maestosa eleganza delle betulle». La perfezione di Suarez, «il migliore». E avanti con Anastasi e Mazzola e l` Italia campione d` Europa, con Valcareggi «San Sebastiano trafitto perché si è limitato a sconfiggere il Galles per 4-1». Il volo del cavallo Roquepine. Sonny Liston, l` orco del ring. I mille gol di Pelè, «la gioia dei poveri». Bartali e Coppi, «le due Italie, l` epica e il sogno». Omar Sivori e Gigi Riva. E Gianni Rivera. E via ancora con Altafini, Niki Lauda, Platini, il divino Falcao. Le celebrazioni: l` Italia mundial 1982 di Pablito e Bearzot. «Eroici». Giorgio Tosatti si emoziona: «Oggi è bello essere italiani. Alza la coppa, Dino, alzala perché il mondo la veda. Non avete vinto solo una partita, avete regalato a un Paese un dono inestimabile: la fede in se stesso». La Roma di Liedholm campione, «una città correva con quella bandiera». Lo scudetto di Verona, firmato da Bagnoli. Il Napoli di Maradona, l` Argentina di Maradona, il mondo di Maradona. «Diego, l` uomo capace di ogni miracolo». Poi altre suggestioni e ricordi, il telecronista Paolo Valenti, Carletto Parola e le sue rovesciate. Duilio Loi, Mennea, Thoeni, Ribot. Zoff come John Wayne. Un libro caldo e dolce, pezzi sull` amore per lo sport, scritti da un fuoriclasse del nostro mestiere. E Giorgio Tosatti non voleva fare il giornalista…

Fonte:
Germano Bovolenta Gazzetta.it
Italia Estera