Di Pietro e l`appello sui giornali stranieri. Una strana idea di democrazia

10/07/2009

 

Se non è un tentati­vo di indurre Paesi terzi a interferire nella nostra politi­ca interna, è una manife­stazione di sfiducia nelle istituzioni repubblicane alle quali, come parla­mentare, ha giurato fedel­tà. Non ci sono altre paro­le per definire l’«appello» di Di Pietro alla «Comuni­tà internazionale» — pub­blicato a pagamento sul­l’Herald Tribune — affin­ché eserciti «la necessa­ria pressione per assicura­re che i principi della li­bertà democratica e di in­dipendenza della Corte costituzionale siano soste­nuti al fine di impedire che la democrazia in Ita­lia si trasformi in una dit­tatura di fatto». L’oggetto della surreale iniziativa è il disegno di legge governativo detto lodo Alfano, oggi legge, che, come ogni altra leg­ge della Repubblica, dove­va essere votata dal Parla­mento; controfirmata dal presidente della Repub­blica, che, prima di pro­mulgarla, se vi ravvisava un vizio di forma, poteva «con messaggio motivato alle Camere chiedere una nuova deliberazione» (ar­ticolo 74 della Costituzio­ne); infine, in quanto con­troversa, deve, ora, essere sottoposta al giudizio del­la Corte costituzionale che ne può dichiarare «l’illegittimità costituzio­nale », facendola decade­re «dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione» (articoli 134 e 136).

Il percorso della legge Alfano è, comunque, un esempio di democrazia costituzionale ancora più prescrittiva di quella di al­tri Paesi non meno demo­cratici: divisione, separa­zione, indipendenza dei poteri esecutivo, legislati­vo, giudiziario (incarnato dalla Corte costituziona­le), cui la nostra Costitu­zione aggiunge le prero­gative del presidente del­la Repubblica. Già appro­vata dal Parlamento e con­trofirmata dal presiden­te, sarà giudicata, il 6 otto­bre, dalla Corte costituzio­nale. Che, poi, come scri­ve Di Pietro nel suo appel­lo, «secondo il pronuncia­mento di oltre 100 costitu­zionalisti, la legge Alfano sia stata definita incostitu­zionale perché viola l’arti­colo 3 della Costituzione italiana secondo il quale `tutti i cittadini sono uguali davanti alla leg­ge` », è un’opinione legit­tima quanto quella con­traria, rientra nel fisiologi­co dibattito politico de­mocratico, ma non fa, evi­dentemente, testo.

Antonio Di Pietro, co­me laureato in legge, ex magistrato, parlamenta­re, tutto ciò lo dovrebbe sapere. Se con l’«appello alla comunità internazio­nale » egli mostra di igno­rarlo, vuol dire non solo che non sa che cosa sia la democrazia liberale, non solo che non crede che l’Italia lo sia, ma che ha un`idea della democrazia alquanto inquietante. Qui, la situazione giudi­ziaria di Silvio Berlusconi non c’entra. Siamo di fronte a un parlamentare che delegittima — oltre che una maggioranza di governo liberamente elet­ta, la qual cosa rimane an­cora nei limiti del con­fronto politico — anche il Parlamento, il presiden­te della Repubblica e du­bita persino della legitti­mità della Corte costitu­zionale, che potrebbe nei prossimi mesi respinge­re, senza scandalo, il lodo Alfano. Uno spirito, quel­lo di Di Pietro, autoritario che mal sopporta, oggi, di fare politica dentro il perimetro costituzionale, e che così facendo getta anche qualche ombra sul suo passato di magistra­to.

Fonte:
Corriere della Sera
Piero Ostellino