Decolla il superjumbo A380, sfida da 10 miliardi

09/01/2009

Airbus ha già superato il gigante americano Boeing nella costruzione del più grande aviogetto mai realizzato. Pietra miliare dell’aviazione ha due ponti, un’apertura alare di quasi 80 metri ed è spinto da quattro turbofan.

La sfida da oltre 10 miliardi di euro dell’Airbus A380, il più grande aereo commerciale mai concepito e costruito dall’uomo, è vinta. A Tolosa, sede della società controllata per l’80% dal colosso europeo Eads e per il restante 20% dalla britannica Bae Systems, tutto è pronto per il battesimo in pompa magna del primo prototipo completo di “superjumbo”, che, oggi, martedì 18 gennaio. Una cerimonia cui partecipeno il presidente francese Jacques Chirac, il cancelliere tedesco Gerhard Schroeder, il premier britannico Tony Blair e il presidente del Governo spagnolo, José Luiz Rodriguez Zapatero, vale a dire i leader politici dei quattro Paesi-azionisti di Airbus. In tutto sul sito di Blagnac e nella nuovissima “cattedrale” che ospita la catena di montaggio dell’A380 ci sono più di 5mila persone. Una “grandeur” che si spiega con la volontà di sottolineare al mondo la supremazia nei cieli presa da Airbus nei confronti della rivale statunitense Boeing. Una cerimonia de spettacolare (con filmati, giochi di luce e musica) e che, secondo un documento interno al gruppo, deve suscitare «emozione e nello stesso tempo fierezza». Del resto, la posta in gioco non è da poco.

L’A380, infatti, ha vocazione a diventare nei prossimi 30 anni quello che il jumbo 747 della Boeing è stato negli ultimi 30. Un aereo rivoluzionario per quanto riguarda le sue dimensioni, 80 metri di apertura alare, 73 metri di lunghezza, interamente “double-deck” e in due allestimenti da 555 passeggeri (suddivisi in 3 classi) o 840 nella versione charter, ma soprattutto per i suoi costi operativi, che saranno del 15-20% inferiori a quelli del 747. Un aereo il cui prezzo di catalogo è compreso tra 263 e 286 milioni di dollari, che ha permesso di creare nella sola Francia 42mila nuovi posti di lavoro diretti, che a termine rappresenterà il 25-30% della cifra d’affari di Airbus e che sarà in break-even a partire dal 250° apparecchio venduto. Un aereo con un’autonomia di 15mila chilometri, che ha rappresentato una sfida economica, ma anche tecnologica dato che il 40% della sua struttura e dei suoi elementi è costruita con compositi di fibra di carbonio e di nuovi materiali metallici.

Un balzo nel futuro che non è stato esente da sorprese come le necessità, impreviste, di dover alleggerire il peso dell’aereo e di migliorarne l’efficienza che hanno comportato un costo aggiuntivo di 1,45 miliardi di dollari, il 14% in più di quanto messo a budget. Un’avventura che tutti oggi sono convinti fosse giusto intraprendere, ma che quando presa nel 2000 ha rappresentato per Airbus un rischio non indifferente alla luce anche di come si è modificato il mercato dell’aviazione commerciale a seguito di sconvolgimenti come l’11 settembre, come la Sars e come la guerra in Irak. Un rischio ben più elevato di quello preso a novembre dello scorso anno quando il vertice di Airbus ha deciso di lanciare il programma A350 (con un costo di 3,5-4 miliardi di dollari), l’aereo che a partire dal 2009 farà concorrenza al nuovo Boeing 7E7 che entrerà in servizio l’anno prima.

A Tolosa, del resto, dormire sugli allori è vietato. È grazie infatti alla tenacia dei suoi manager e dei suoi tecnici se Airbus, nata agli inizi degli Anni 70, è riuscita a scalzare Boeing dal primo posto della classifica mondiale. Nel 2004 il gruppo europeo ha consegnato 350 apparecchi, contro 285 degli statunitensi, con una proiezione di 360-370 nell’esercizio in corso. Un livello che consente di controllare il 57,2% del mercato mondiale, che ha permesso di realizzare una cifra d’affari superiore a 20 miliardi di euro e di sfiorare un margine operativo del 10 per cento. Il tutto grazie a un controllo di gestione che ha consentito di fare calare certi costi di gestione in una forchetta compresa tra il 30 e il 60% e di ridurre i tempi di consegna da 9 mesi nel 2003 a 7,5 nel 2004, con un obiettivo di 6 nel 2006.

Il Sole 24 Ore
Michele Calcaterra
18/1/2005