Crescono le multinazionali estere in Italia. Ma anche il Made in Italy sa varcare i confini

29/11/2016

La presenza dei gruppi stranieri è aumentata, secondo i dati Istat. La loro forza è l'investimento corposo in ricerca e sviluppo, insieme all'alta produttività per addetto. Ma cresce anche la truppa di imprese italiane che varcano i confini.

 

ROMA – Italia Pase di conquista per le multinazionali estere. Dal 2013 la crescita è stata del 3%, con un aumento degli occupati pari al 4,7%. A mettere piede in Italia sono soprattutto imprese dell'Unione europea, ma subito dopo sono gli Stati Uniti ad arrivare nel Belpaese. E a differenza di quanto accade in Italia impiegano in Ricerca e sviluppo una parte sostanziale dei loro investimenti, circa 3 miliardi di euro con un più 10,6% rispetto al 2013 e hanno un'alta produttività per addetto (se si considera la classe fino a 250 addetti) e una maggiore profittabilità. Rispetto al 2013, il numero di controllate estere in Italia cresce di 404 unità. Al netto dei servizi finanziari, il loro fatturato è intorno ai 524 miliardi (+6,2%) mentre il valore aggiunto è di quasi 97 miliardi (+5,1%).

Operano nel settore dei servizi, mentre nell'industria è il settore farmaceutico il più gettonato. E a differenza di quanto si potrebbe pensare il costo unitario del lavoro delle multinazionali estere è più elevato rispetto alle imprese a controllo nazionale (oltre 57mila euro contro quasi 39.000), sia nell'industria che nei servizi. Una differenza però data più dalla grande dimensione delle imprse che sbarcano in Italia rispetto a quelle nazionali, più ridotte. Queste queste imprese globali contribuiscono molto all'interscambio commerciale italiano, con oltre un quarto delle esportazioni italiane di merci (27,4%) in cui la parte maggiore la fa l'esportazione di prodotti farmaceutici (90,1% come import e 80,4% come export) e importazioni pari al 45%.

Ma anche l'Italia cresce nel mondo. Nel 2014, al netto dei servizi finanziari, le imprese italiane che hanno tentato la via dell'estero hanno fatturato circa il 15,2% di quello complessivamente prodotto dalle imprese nazionali. Una quota che sale al 18,7% al netto degli acquisiti di bene e servizi. La strada dell'estero dunque è in crescita per e controllate italiane più nei servizi non finanziari (12.477) piuttosto che nell'industria (8.501). Le performance positive arrivano dalla frabbricazione di mobili e di altre industre manifatturiere.

Le grandi ziende italiane che hanno preso la via dell'estero lo hanno fatto per lo più (82,2%) nel periodo 2015-2016 per accedere a nuovi mercati. Ma altri due fattori sono determinanti per varcare le Alpi, l'aumento della qualità/sviluppo di nuovi prodotti, così come l'accesso a nuove conoscenze o competenze tecniche specializate.

In termini di addetti, i paesi dove è in maggiore crescita la presenza di multinazionali italiane sono Brasile (+17 mila unità in un anno), Stati Uniti (+14 mila) e Cina (+9 mila), nonostante l'aumento del costo del lavoro nel colosso asiatico di 600 euro fino a 8.500 euro l'anno. La principale motivazione per i nuovi investimenti indicata dall'82% dei gruppi italiani è la possibilità di accedere a nuovi mercati. Inoltre, vengono considerati "determinanti" altri due fattori: l'aumento della qualità o lo sviluppo di nuovi prodotti e l'accesso a nuove conoscenze o competenze tecniche specializzate. 

 
 

E notevole la quota di fatturato esportato verso l'Italia dalle controllate italiane all'estero attive nei settori tradizionali del Made in Italy: 46,2% per le industrie tessili e confezione di articoli di abbigliamento e 41,7% per la fabbricazione di articoli in pelle.

Fonte: www.repubblica.it