Censis: “Gli italiani sono stanchi di scialacquare Per il 70%, in futuro saremo più poveri”
28/06/2011
L'indagine rivela che i consumi delle famiglie sono diminuiti di 1.754 euro annui. A incidere non solo la crisi economica, ma anche "la percezione dello spreco". Stranieri più ottimisti
Roma, 28 giugno 2011 – Stranieri più fiduciosi degli italiani sul futuro del Paese. Nella ricerca del Censis ‘Fenomenologia di una crisi antropologica – I miti che non funzionano più', presentata a Roma nell’ambito delle iniziative per ‘Il mese del sociale’, emergono le differenze tra le aspettative dei ‘nuovi’ e dei ‘vecchi italiani’: più di 6 immigrati su 10 confidano in un’Italia più benestante, a fronte di un 67,5% di italiani convinto che tra dieci anni la Penisola sarà meno ricca.
Pertanto, per il 65% degli immigrati nel 2020 staremo meglio. In più, il 58,5% degli italiani parla di un Paese meno giusto, contro il 35,4% degli immigrati. Per il Censis siamo "appagati, incerti e preoccupati", a differenza degli immigrati che "vivono una fase antropologica completamente diversa, che ricorda da vicino quella degli italiani del tempo dell’uscita dalla scarsità".
Le opache aspettative sul futuro si riverberano anche nell’economia, "dove il soggettivismo ha dato forse il suo risultato migliore con l’imprenditorialità diffusa", ma anche qui si registrano "segnali di stanchezza", osserva il Censis. "Il lavoro autonomo negli anni zero – sottolinea – è diminuito del 4% e tra il 2004 e il 2009 il numero di imprenditori è passato da 400mila a circa 260mila con un calo del 36%, mentre il numero di lavoratori autonomi con meno di 35 anni èì diminuito di circa 500mila unità, pari a oltre il 29% del totale".
L'indagine evidenzia anche che gli italiani sono stanchi di comprare, complice la crisi dell’edonismo e del soggettivismo che finora ha identificato il benessere con il godimento sfrenato. Insomma, sono passati dallo slogan ‘voglio tutto’ al ben più prosaico ‘ho tutto’" e il consumo è diventato più equilibrato.
Dal 2007 al 2010 – rileva l'istituto di ricerca – in un periodo di crisi economica, i consumi "delle famiglie italiane sono diminuiti in termini reali di 1.754 euro annui: come se fossero rimaste senza consumare per circa 20 giorni in un anno". Ma il calo non è dipeso solo da fattori economici. I dati mostrano "il lento declinare del meccanismo del consumo, la stanchezza per il godimento incessante ed estemporaneo che rappresenta".
E’ come se "la crisi avesse operato da detonatore della stanchezza del principale meccanismo di mutazione antropologica della nostra società", si legge nella ricerca. E di questa stanchezza siamo tutti consapevoli. Oltre il 57% degli italiani – nota il Censis – ha la sensazione che al di là dei problemi di reddito, c’è un desiderio meno intenso di consumare, ma il 32% lo afferma pur precisando che di tanto in tanto si riaccende il desiderio per nuovi beni e servizi.
Inoltre, c'è anche "la percezione dello spreco o meglio dell’eccesso di abbondanza: oltre il 51% degli italiani ritiene che ci sono settori in cui l’intervistato, individualmente o anche in famiglia, potrebbe consumare di meno", sottolinea lo studio.
In definitiva, per il Censis, nelle abitudini di consumo degli italiani vivono tensioni diverse come "una più alta maturità selettiva, ben oltre la compulsione, e una attenzione per le esternalità ambientali o sociali, che rinvia a una crescente responsabilità individuale".
Infine, da rilevare, la crisi di tre figure-cardine della nostra società: il padre, l'insegnante e il sacerdote. Per più del 39% degli italiani il padre non rappresenta più le regole e il senso del limite dentro la famiglia e nel rapporto con i figli. Quasi l'84% degli uomini in coppia con donne occupate è coinvolto nei lavori familiari in media per 2 ore e 23 minuti al giorno, quasi due giornate lavorative alla settimana (erano il 78% nel 1988 per due ore al giorno). Oltre il 55% dei padri si dedica alla cura dei bambini per un tempo quotidiano medio di 1 ora e 24 minuti, mentre vent'anni fa vi si dedicava il 42% per un tempo inferiore di oltre 15 minuti. Solo per il gioco con i bambini il tempo dedicato dai padri e' maggiore di quello dedicato dalle madri.
Altra figura chiave in declino è quella degli insegnanti. Per il Censis, i docenti sono "delusi": il 53% degli insegnanti ha scelto di fare il suo lavoro per aspirazione personale ma oltre un terzo (il 50% nella scuola secondaria di secondo grado) non rifarebbe la stessa scelta. Il 69% ritiene che l'insegnamento abbia uno scarso riconoscimento sociale e quasi il 53% che non benefici di una progressione economica, l'82% ritiene che non vengano realizzati gli obiettivi della scuola: educazione ai valori e convivenza civile. Per i docenti, gli alunni sono connotati dall'arte di arrangiarsi (74%), da uno scarso senso civico (69%) e da pressappochismo (68%).
E i sacerdoti? Prevale nella società l'idea di una "morale personale" su misura. Piu' del 78% degli italiani è favorevole all'utilizzo di cellule staminali per fini terapeutici, il 67% alla procreazione assistita, il 53% alla fecondazione eterologa, il 50% alla diagnosi preimpianto. Oltre il 59% è favorevole all'aborto e il 53% all'uso ospedaliero della pillola abortiva. Tutto questo, secondo il Censis, testimonia un allontanamento etico dai precetti della Chiesa, sebbene i sacerdoti attivi nelle 25mila parrocchie italiane abbiano un ruolo centrale nel contrastare il disagio sociale. Contano come risposta ai bisogni sociali, ma non nella diffusione dei valori etici.
Fonte:
Quotidiano.net