Censis. Boom dell’export: +93,1% dal 2002 al 2007
09/01/2009
Un’Italia che guarda oltre i propri confini. Così si presenta l’economia del Belpaese secondo il Censis, autore dello studio “L’ascesa dei segmenti vitali” (terzo appuntamento del Mese del sociale, organizzato dall’istituto di ricerca).
Aumentano le fusioni e le acquisizioni all’estero, cresce l’export, sempre più imprese scelgono la strada dell’internazionalizzazione. E mentre cresce l’occupazione (+7,5% tra il 2002 e il 2007), i giovani, motore del futuro, diventano sempre più globetrotter, fra Erasmus e periodi di studio o lavoro all’estero.
Rilevante l’incremento delle esportazioni, che registra un +93,2% in termini nominali, tra il 2002 e il 2007. Un dato che ha permesso all’Italia di posizionarsi terza, dopo Cina e Germania, per aumento dell’export. Non solo. Un valore importante, grazie al quale l’Italia è riuscita a mantenere stabile la quota di mercato (dal 3,9 al 3,5%) e settimo posto per le esportazioni a livello mondiale.
Conti del Censis alla mano, il 52,1% delle aziende con oltre 50 addetti è impegnata nell’export.
Consistente il numero delle fusioni e delle acquisizioni all’estero. Le imprese italiane che si sono spinte fuori dai confini per effettuare questo tipo di operazioni sono passate dalle 32 del 2004 alle 116 del 2007, per un valore che è passato da 4 a 60,2 miliardi di euro. Gli Stati Uniti sono la meta preferita delle imprese italiane (21 acquisizioni), seguiti da Germania (13), Inghilterra (10) e Francia (9).
Per non parlare dell’internazionalizzazione, strada scelta da circa 3 mila aziende (13,4%). Un numero destinato anche a crescere, dal momento che il 6% delle imprese ha dichiarato al Censis di avere in programma questo passaggio di alcune attività aziendali verso l’estero.
Motivo di questa scelta? Per il 53,9% risiede nell’intenzione di aprirsi a nuovi mercati; quasi la metà delle aziende ammette che a spingerli oltre confine è la riduzione del costo del lavoro; il 19% aggiunge che è andato alla ricerca di una tassazione più vantaggiosa.
Evidente il primato dell’Italia sulla presenza di imprese dell’industria Hi-tech nell’Unione Europea. Le aziende impegnate in questo comparto sono più di 33 mila, il 24% del totale europeo. Anche per i servizi ad alto contenuto tecnologico l’Italia detiene una posizione di tutto rispetto. È seconda solo alla Gran Bretagna, con quasi 97 mila aziende (17,7% del totale europeo).
Ma la ricerca e l’innovazione non rispecchia il moltiplicarsi di cattedre e corsi di laurea. Pochi gli indirizzi a cui fare riferimento per cercare dei risultati concreti. Il Censis cita un esempio: il 40,3% dei brevetti registrati in Italia in campo medico-scientifico provenivano tutti da 4 poli universitari.
Fonte:
Il Sole 24 Ore
Alessandra Tibollo