Carlin Petrini: “A muovere il mondo è l’economia della condivisione”

22/09/2016

Il fondatore di Slow Food fa un bilancio di 20 anni “I beni più importanti sono quelli di relazione”

Quanto vale stare insieme? Condividere il tempo, le storie, le emozioni. Quel visionario di Carlin Petrini è convinto che questa sia l’economia più importante del 2016: «Si parla solo dei beni privati, dei beni pubblici e della nuova frontiera dei beni comuni. Però nessuno parla mai dei beni di relazione. Quelli che contano davvero. Perché sono la coesione della società civile». Per il ventennale del Salone del Gusto, il suo inventore ha deciso di abbattere ogni barriera. Non sarà il pubblico ad andare al salone, ma viceversa. I contadini di Terra Madre, il mercato, gli stand gastronomici, tutte le facce e tutte le esperienze del mondo saranno in mezzo alla città. Senza bisogno di biglietto. È un bel modo per festeggiare un compleanno così importante, proprio all’insegna della condivisione.  

 

Di Carlin, l’uomo che ha creato Slow Food e un modo diverso di intendere la vita, ci si illude ormai di sapere quasi tutto. Padre elettrauto. Madre direttrice di un asilo nido. Nato in Piemonte nel 1949 a Bra, lì dove torna ogni volta. Ma puoi sentirlo raccontare di quando la signora Hillary Clinton gli aveva detto che avrebbe seminato un orto alla Casa Bianca e non mantenne la promessa: «Mentre Michelle Obama, lei sì, fu di parola». Dalle Langhe agli States, passando per l’Africa e il Sudamerica. Global e local, come piace dire a qualcuno. Secondo ilGuardian, Carlin Petrini è uno dei 50 uomini che salverà il pianeta. Intanto ricomincia da Torino, ancora e necessariamente da qui: «Perché in questa città abbiamo costruito anni di relazioni. Gli editori sono stati degli scellerati pensando di poter vendere qualche copia in più strappando il Salone del libro alle sue radici. Io non l’avrei mai fatto».  

 

Qual è il ricordo più emozionante di questi vent’anni?  

«La prima edizione di Terra Madre. È stato come visualizzare un sogno. Vedevo questa umanità che incominciava a prendere coscienza di se stessa, e mi si allargava il cuore».  

 

Quale sarebbe l’ospite dei suoi sogni?  

«A novembre avrò un dialogo con Luis Sepùlveda e Pepe Mujica, presto incontrerò Bernie Sanders. Ma durante il salone conta solo il salone. Non vogliamo farlo cannibalizzare da presenze troppo invasive».  

 

Come sta la terra dopo questi vent’anni?  

«Ha fatto tutto il possibile, sopportato inquinamenti e maltrattamenti. Le risorse sono state veramente depredate. Adesso c’è una tendenza a rigenerarla. E questa tendenza nasce dai consumatori, perché stanno prendendo atto che cibo e salute vanno di pari passo. E la situazione è veramente preoccupante». 

 

Anche la grande industria ne sta prendendo atto?  

«Incomincia ad esserci più attenzione. Ma dobbiamo metterci d’accordo su cosa s’intende per grande industria. Perché fra Nestlè e Lavazza, per esempio, la differenza è enorme. Sono due mondi».  

 

La Bayer ha comprato la Monsanto. Che effetto le fa?  

«Sementi, pesticidi, farmaci. Siamo di fronte a un Moloch in grado di influenzare politica e opinione pubblica in maniera impressionante. E noi, al cospetto del Moloch, abbiamo solo queste reti di persone umili, che agiscono sul territorio».  

 

Perché non si riesce a interrompere lo scempio degli sprechi alimentari?  

«Perché gli sprechi sono funzionali a questo sistema criminale che bada solo al business e garantisce un miliardo di malnutriti e due miliardi di malati per iper alimentazione. Lo spreco ormai ha raggiunto proporzioni bibliche».  

 

Cosa farebbe subito?  

«Vanno bene le campagne per sensibilizzare. Ma più in generale, non bisogna accettare questi trattati internazionali che, in virtù del libero scambio, mortificano le economie locali. Perché non è libero scambio: è la libertà delle volpi di entrare nei pollai ed azzannare tutte le galline. Noi non possiamo accettare che produzioni virtuose come le nostre siano messe in concorrenza con produzioni che non rispettano gli standard di igiene e di qualità. Produzioni che usano ormoni per la crescita delle carni e manodopera in condizioni di schiavismo. . Non dico di tornare al protezionismo, ma bisogna difendere l’economia locale». 

 

LAPRESSE

 

I cuochi sono ovunque. Non si parla troppo di cibo?  

«Si esagera con la cucina e la ricettistica, non con il cibo. Parlare di cibo significa parlare sempre anche di agricoltura, di economia e di politica». 

 

Quale consiglio darebbe ad un ragazzo di vent’anni?  

«È sempre valido quello che cantava Gaber: libertà è partecipazione. Entrare, guardare, essere soggetti attivi. Ma in realtà farei più volentieri una raccomandazione ai vecchi: devono essere più rispettosi delle idee dei ragazzi. Concedere libertà e fiducia. Non essere troppo invasivi». 

 

Come sarà il Salone del gusto del futuro?  

«Vediamo come va questa edizione. Alcuni sostengono che io sia un visionario, ma non è vero. Io sono pragmatico. Cerco di imparare da quello che succede. Vediamo come reagiscono le persone. Ci tengo tanto a questa nuova economia. L’economia dei beni relazionali. Nessuno ne parla, ma muove il mondo».  

 

(Fonte: http://www.lastampa.it/)