Caffè, consumi brasiliani in forte crescita
16/03/2012
Meno di un anno fa, il future sul caffè arabica a New York aveva superato, per la prima volta in 14 anni, la punta di 3 dollari per libbra. Poi però la buona disponibilità derivante dagli abbondanti raccolti ha portato le quotazioni a chiudere il 2011 a 226,85 cents, per scendere in questa settimana a livelli poco superiori a 182 cents.
La flessione non deve ingannare: tra le materie prime scambiate sui mercati a termine internazionali, il caffè spicca per la sua apparente impermeabilità alla crisi economica, che invece influisce nettamente sui corsi di altri prodotti di base. Anche il petrolio in realtà sembra reagire poco al rallentamento dei consumi in Occidente, ma in questo settore si fa sentire l’effetto della cosiddetta “primavera araba”, cui si uniscono le tensioni sociali in Nigeria e soprattutto l’embargo di Usa e Ue sull’Iran, la cui estrazione petrolifera pare essere scesa per questo ai minimi decennali.
Non è questo il caso del caffè arabica, i cui prezzi calano nonostante i consumi mondiali continuino ad aumentare. Quotazioni ben inferiori a due dollari per libbra sono l’effetto di raccolti abbondanti, uno per tutti, quello brasiliano. Il paese controlla circa un terzo dell’intero export mondiale e lo scorso anno la sua produzione, relativamente ridotta a causa del naturale ciclo vegetativo biennale, ha superato 43 milioni di sacchi da 60 kg. Quest’anno, complice il picco ciclico, il raccolto brasiliano probabilmente salirà fino al record assoluto di 52,3 milioni di sacchi.
Sarebbe però incauto chi desse per scontato che le quotazioni sono destinate a calare ancora a lungo. Certo, può avvenire, ma in realtà già a questi livelli i consumi sono incentivati, specialmente negli stessi paesi produttori. Proprio il Brasile sta completando il proprio inseguimento al titolo di maggior consumatore mondiale: il sorpasso nei confronti degli Usa è considerato imminente e la corsa è alimentata dalla crescita economica, che ha spinto l’economia di Brasilia al sesto posto assoluto.
L’Associazione locale dei torrefattori nota che la richiesta interna di caffè è raddoppiata rispetto al 1995 e crescerà del 3,5% nella campagna commerciale iniziata in ottobre. I brasiliani “berranno” 20,4 milioni di sacchi, invece dei 18,9 consumati nel 2010, anno in cui negli Stati Uniti finirono 21,8 milioni di sacchi. Negli Usa il consumo pro-capite aveva toccato un picco di 8,9 kg nel lontano 1946, ma già nel 2009 il livello si era più che dimezzato, scivolando a 4,1 kg. In Brasile invece, secondo stime del dipartimento americano dell’Agricoltura, il consumo pro-capite è salito nel 2010 a 6 kg, un primato che potrebbe durare poco.
I consumatori americani ed europei faranno bene a non sottovalutare la concorrenza del Brasile. Essa infatti non è solo quantitativa, ma anche qualitativa. Starbucks, il colosso della distribuzione di caffè, ha aperto il suo primo negozio in Brasile nel 2006 e alla fine di quest’anno il numero sarà salito a 38. Il marchio locale Bravocafé (creato nel 2001 da Diego Ribeiro da Luz, affascinato da un italianissimo espresso Illy e impegnato a creare un concorrente nel proprio paese) si beve ormai in 800 locali. Quanto a Nestlé, ha visto le vendite di prodotti a base di caffè salire del 40% nel 2011 in Brasile e conta di replicare quest’anno.
Il problema, per gli appassionati del gusto, è che il palato dei brasiliani si è fatto assai più esigente, grazie anche alle possibilità economiche, decisamente migliorate negli ultimi anni. I consumi mondiali, cresciuti a un ritmo del 2,5% nell’ultimo decennio, saliranno almeno dell’1,5% nel 2012, secondo il direttore esecutivo dell’International Coffee Organization, Roberio Silva, e la concorrenza dei torrefattori brasiliani si farà sentire sempre di più. I tempi in cui tutti i chicchi di miglior qualità prendevano la via dell’estero rischiano di essere da dimenticare.
Fonte:
First online