Brasile, sgravi su misura per chi investe nell’auto

29/11/2012

Dal primo gennaio il Brasile potrebbe cambiare per la seconda volta in dodici mesi la normativa sul settore auto. Il maggior Paese sudamericano, che si avvia a diventare il 4° mercato mondiale per le vendite di automobili, resta uno dei Paesi più chiusi alle importazioni e per approfittare del potenziale boom i costruttori stranieri dovranno, come in passato, investire maggiormente in fabbriche e ricerca e sviluppo.

Vediamo come sono andate le cose negli ultimi dodici mesi e come potrebbero cambiare nel 2013. A fine 2011 l'esecutivo guidato da Dilma Rousseff ha introdotto una sovrattassa del 30% sull'Ipi (Imposta sui prodotti industriali) per i soli veicoli con meno del 65% di contenuto locale. La misura aveva lo scopo di frenare le importazioni e di rilanciare la produzione interna, dopo che nel 2011 le importazioni di autoveicoli erano salite del 30% a fronte di un lieve calo (-2,8%) della produzione locale. L'Ipi gravava già da prima su tutti i veicoli, con aliquote ben diverse a seconda della cilindrata: dal 7% sulle auto con cilindrata inferiore a un litro al 25% per quelle a benzina oltre i due litri; l'aliquota più elevata sulle auto importate è salita così al 55%, che si aggiunge al dazio.

A maggio il Governo ha varato sgravi sull'Ipi per le vetture di produzione nazionale, insieme ad altre misure fiscali di stimolo alla domanda. L'effetto è stato immediato: nei primi 10 mesi del 2012 le vendite di auto prodotte in Brasile sono cresciute complessivamente dell'11,6%, quelle di vetture importate hanno segnato un -2 per cento.

A fronte delle proteste degli importatori e delle accuse di violazione delle norme dell'Omc, Brasilia ha varato una revisione complessiva della tassazione, che concede detrazioni progressive d'imposta ai costruttori che investono in loco. Il cosiddetto piano Inovar-auto ha introdotto una serie di sconti e detrazioni dall'Ipi legati al soddisfacimento di almeno due delle seguenti tre condizioni: investimento in R&S pari ad almeno 0,15% del fatturato brasiliano, con innalzamento della soglia allo 0,5% entro il 2015; investimento in ingegneria industriale di almeno lo 0,5% del fatturato (1% entro il 2015); infine, miglioramento di circa il 13% dei consumi medi della gamma offerta in Brasile, entro il 2016.

Secondo Paolo Guidelli Guidi, presidente di Quadra Management Consulting e consulente fra Italia e Brasile, «le condizioni sono relativamente "morbide", e la maggior parte dei colossi che si spartiscono il mercato brasiliano non dovrebbe avere alcuna difficoltà a soddisfarle». Va detto però che il Brasile è il primo Paese sudamericano a dotarsi di uno strumento simile: in nessun altro Stato del continente, per esempio, esistono leggi specifiche sui consumi.

Gli ostacoli all'import in Brasile hanno dato una spinta ulteriore agli investimenti in nuovi impianti, che già erano in pieno boom. In occasione del Salone dell'auto di San Paolo, per esempio, la Bmw ha annunciato che spenderà circa 200 milioni di euro per una nuova fabbrica nello stato di Santa Catarina; la cinese Jac punta sullo stato di Bahia. Anche i leader di mercato Fiat e Volkswagen stanno investendo per ampliare la capacità, mentre la coreana Hyundai e la giapponese Toyota hanno appena inaugurato i loro stabilimenti.

Per ora il grosso del mercato delle autovetture (80%) è in mano a cinque colossi occidentali. Fiat e Volkswagen sfiorano da sole il 50%: nei primi dieci mesi del 2012 il gruppo italiano guida con il 23,8% davanti alla rivale tedesca con il 23 per cento; seguono General Motors, Ford e Renault. Gli sgravi sull'Ipi rimarranno in vigore fino alla fine dell'anno. Dal 1° gennaio dovrebbero essere sostituiti dal nuovo piano Inovar auto. Secondo Guidelli «è ragionevole pensare che l'attuale regime venga prorogato, in attesa di definire tutti gli standard di applicazione del piano Inovar».

Quest'ultimo dovrebbe, nelle intenzioni del Governo, contribuire a migliorare lo standard tecnologico e di qualità della produzione. La politica seguita finora da Brasilia ha infatti assicurato che il grosso della domanda venga soddisfatto da veicoli prodotti in loco, ma ha avuto come effetto collaterale di rimuovere l'incentivo all'innovazione: le auto vendute in Brasile sono in media indietro di una o due generazioni rispetto a quelle europee o giapponesi, anche per quanto riguarda i consumi e la sicurezza. Un recente test condotto dal programma Latin NCAP, che replica gli stessi test in vigore in Europa, ha mostrato ancora parecchi modelli con una sola stella su cinque (principalmente a causa dell'assenza di airbag ma anche per difetti strutturali), pur evidenziando un miglioramento, con diversi veicoli a quattro stelle (nessuno ne ottiene cinque).

Il parco auto brasiliano e la produzione locale hanno caratteristiche particolari. La caratteristica saliente è la diffusione universale dei veicoli a etanolo prima, e di quelli ad alimentazione mista benzina-etanolo (flex fuel) poi. Le prime leggi a favore dell'etanolo furono emanate negli anni 70, dopo la prima crisi petrolifera, per promuovere una via brasiliana all'indipendenza energetica. I motori diesel vengono utilizzati per i veicoli commerciali, ma sono vietati sulle autovetture. Con un prezzo di circa un euro al litro, la benzina è nettamente più economica che in Europa. Il fatto che la tassazione cresca all'aumentare della cilindrata ha avuto l'effetto di mantenere la gran parte del parco auto al di sotto del litro (le auto al di sotto del litro sono scese sotto al 50% delle vendite solo di recente). Toccherà ora al piano Inovar cercare di avvicinare gli standard a quelli dei Paesi più avanzati.

 

Fonte:
Il Sole 24 Ore