Brasile, Russia, India, Cina: la forza trainante dei mercati emergenti, la solidità di quattro colossi

09/01/2009

di Francesco Savona
francescosavona@fondionline.it

Anche questa settimana restiamo in tema di paesi emergenti, per proporre all’attenzione di chi legge un prodotto lanciato da Barclays Global Investors il 23 Aprile 2007 e negoziato sul segmento ETFPlus di Borsa Italiana a partire dal 30 Novembre dello stesso anno con i codici IE00B1W57M07 (ISIN) e BR50 (ticker).

Sull’onda del successo fatto registrare dagli strumenti a gestione attiva incentrati sull’area BRIC, anche il mercato degli Exchange Traded Fund ha incominciato a puntare su quattro Paesi che, per diversi motivi, costituiscono un mix a nostro parere ben equilibrato tra l’entusiasmo tipico delle economie in crescita e la solidità che Stati grandi da un punto di vista geografico e demografico, ricchi di materie prime, e ora anche tra i primi del mondo come Prodotto Interno Lordo, possono offrire.

Certo, la volatilità di un investimento di questo tipo resta elevata, come quella di ogni altro investimento che abbia come oggetto principale i mercati emergenti. Tuttavia altri fondi, attivi o passivi che siano, che puntino, ad esempio, su Taiwan, Singapore, oppure la Turchia, non possono di sicuro essere paragonati all’ETF di oggi. Quanti Paesi possono infatti competere, ad esempio, con Russia e Brasile per ciò che concerne la dotazione di risorse naturali/materie prime? Oppure, quanti Paesi possono beneficiare di un mercato interno (tralasciando le esportazioni) di oltre un miliardo di consumatori come Cina ed India?
Noi riteniamo che quelli su esposti siano fattori molto importanti e da tenere nella dovuta considerazione, fattori che controbilanciano l’alta deviazione standard caratteristica dei Paesi emergenti e che nel lungo periodo, vista anche la domanda crescente di materie prime a livello internazionale, la già iniziata espansione dei consumi nelle nazioni in via di sviluppo e la necessità di creare delle infrastrutture sempre in questi ultimi, tenderanno a stabilizzarne la crescita nonché ad alimentarla.

Lo strumento messo a disposizione dalla SICAV denominata iShares, in particolare, è l’unico in Italia a dare accesso alla cosiddetta area BRIC. Ad un costo contenuto in uno 0,74% annuo e con una sola operazione di Borsa è dunque possibile accedere alle principali 50 azioni per capitalizzazione e liquidità di Brasile, Russia, India e Cina.
L’allocazione geografica vede davanti a tutti il Brasile (40% circa del portafoglio), seguito dalla Russia (30% ca.) e dalla Cina (24% ca.). All’India è riservata una quota marginale (intorno al 5%). Complessivamente dunque il numero dei Paesi (4) e il numero dei titoli (50) nei quali l’ETF è investito assicurano un buon grado di diversificazione all’investimento.
Lo stesso si può affermare per quanto riguarda la ripartizione settoriale, che vede le risorse naturali pesare per oltre il 50% dell’intero indice, con il comparto Oil&Gas oltre il 39% e le materie prime al 23,5%. Altro settore importante è il finanziario, con un peso relativo del 22,6%. Gli altri hanno un peso marginale.
Tra i titoli principali troviamo colossi come Petroleo Brasileiro, Gazprom, Lukoil, Petrochina.

L’obiettivo di chi investe nell’iShares FTSE BRIC 50 è verosimilmente quello di trarre profitto dalla rapida crescita delle economie dei Paesi nei quali il prodotto è investito. Vista inoltre la ridotta correlazione tra l’andamento dei mercati più sviluppati e quello dei mercati emergenti, lo strumento oggi analizzato si presta bene in un’ottica di diversificazione del portafoglio. Considerando infine l’elevata volatilità, l’ETF potrebbe essere utilizzato anche con finalità di carattere speculativo nel breve-medio termine.

La forte presenza del comparto materie prime produce una correlazione positiva tra l’ETF e i cicli di marcata espansione economica. Il prodotto sembra inoltre da preferire nelle fasi di forte espansione monetaria, quando bassi tassi d’interesse inducono i risparmiatori a preferire investimenti con caratteristiche di rischio più spinte. Al contrario, nelle fasi di contrazione, quando i tassi sono più elevati, la maggiore percezione del rischio potrebbe risultare penalizzante per le quotazioni dei paesi in via di sviluppo.

Parlando di rischi, dobbiamo necessariamente menzionare il rischio-paese, tipico dei mercati emergenti, e il rischio valuta, dal momento che l’indice sottostante (il FTSE BRIC 50 Index) è denominato in Dollari Americani mentre l’ETF è scambiato in Euro sulla piattaforma nazionale. L’indice di riferimento viene ribilanciato quattro volte l’anno, mentre l’ETF distribuisce i dividendi anch’esso due volte l’anno, nei mesi di Maggio e Novembre.

Con un patrimonio di circa 164 milioni di USD, l’ETF di iShares è attualmente l’unico tra i fondi passivi interamente dedicato all’area BRIC. Le sue performance sono state del 15,13% ad un mese e del 9,42% a tre mesi, quest’ultima superiore in genere a quelle dei prodotti dedicati ai mercati emergenti nel loro insieme, così come a quelle degli strumenti rivolti alla sola India o alla sola Cina; tuttavia inferiore ai rendimenti offerti dai prodotti indirizzati all’America Latina o alla Russia. La volatilità si è rivelata maggiore di tutte quelle dei prodotti sopra citati.

Fonte:
fondionline.it