Brasile nel caos da mesi, ma il mondo lo ha scoperto con la Confederations

24/06/2013

 

Per anni stretti tra lo stereotipo romantico di samba, mulata e futebol e quello cinico di miseria, favelas e trafficanti, da una decina d’anni i brasiliani sono costretti a essere rappresentati dallo stereotipo della ricchezza. Négli uni né l’altro sufficienti a raccontare una realtà tanto complessa. Il miglioramento degli standard di vita per milioni di cittadini – grazie a intelligenti riforme e alla crescita economica – ha intaccato infatti solo la superficie dei problemi atavici del gigante sudamericano. Sotto la patina di nuovo benessere, nel profondo il Brasile è ancora caratterizzato da ingiustizia, corruzione dilagante, cattiva gestione delle risorse pubbliche e iniqua distribuzione delle risorse.

Le denunce non sono mai mancate e il malcontento non è mai stato nascosto dai cittadini anche negli anni della crescita. Ma tra l’interesse della politica di mostrarsi fuori dai propri confini come la settima economia del mondo e le denunce dei cittadini vittime dell’essere tra le ultime 10 nazioni del mondo per livello di distribuzione della rendita, la vinto la prima. Ciò che è esploso nei giorni scorsi non è stato il malcontento delle popolazioni, già da mesi in polemica con i vertici politici, ma l’attenzione dei media internazionali, quando il casus belli dell’aumento dei prezzi dei mezzi pubblici ha portato a una reazione forte e spontanea della popolazione proprio quando gli occhi del mondo erano puntati sulla Confederations Cup di calcio.

Il rapporto ritenuto poco trasparente tra le autorità dello Stato e le società che controllano il trasporto urbano era al centro della polemica già da molto tempo, ben prima del rincaro dei biglietti. Mesi fa la Corte dei Conti, aveva denunciato che l’aumento di trasferimenti statali verso queste società non si traduceva in un miglioramento dei servizi. Anzi. I salari dei lavoratori non sono aumentati e spesso è stata anche soppressa la figura del bigliettaio presente su tutti i bus, delegando all’autista anche questo compito. Di fronte a un peggioramento del servizio, l’aumento dei biglietti ha fatto esplodere la tensione accumulata.

La percezione dei cittadini è quella di essere vittima della corruzione e delle clientele delle autorità statali. Nulla di straordinario in un Paese dove i casi di corruzione sono numerosissimi a tutti i livelli. Solo il governo della presidente Rousseff ha visto l’uscita di scena di una decina di ministri tutti per vari casi di malcostume. Ma non si tratta solo di corruzione. Un’altra vicenda che ha particolarmente indignato la popolazione e che l’ha da padrona sui giornali sin dallo scorso marzo, è stata la nomina di un pastore evangelico dalle posizioni estremamente conservatrici alla guida della commissione parlamentare per i diritti umani. La figura di Marco Feliciano, noto per le posizioni omofobe (aveva definito i gay “persone da curare) e per la sua contrarietà all’aborto (illegale in Brasile) anche per le vittime di stupro, è ritenuta dalla maggioranza dei brasiliani inadatta a quel posto tanto delicato. La polemica tra parlamento e associazioni di tutela dei diritti umani, tiene banco da mesi.

Un’altra rivolta, con tanto di invasione al palazzo del parlamento a Brasilia, poi, si era verificata solo pochi mesi fa. I manifestanti si opponevano all’approvazione di una legge che avrebbe indebolito i poteri di indagine della polizia giudiziaria e della magistratura proprio in casi di riciclaggio e corruzione. Di quella protesta durissima e dei mesi di violenti scontri politici non fu raccontato molto all’estero. Così come difficilmente hanno varcato i confini nazionali i vari casi relativi agli investimenti per mondiali e olimpiadi. Circa 60 miliardi di real utilizzati in maniera poco trasparente a danno anche di istituzioni storiche come il museo degli indios nello stadio Maracanà o dei residenti di alcune favelas, cacciati dalle proprie case. Denaro che, secondo le priorità delle popolazione, sarebbe stato molto più utile per scuole e ospedali che per opere faraoniche e non sempre giustificabili per la buona riuscita delle iniziative.

I punti critici che hanno covato per mesi e mesi sotto la cenere avevano solo bisogno di una scintilla e della giusta platea di pubblico per dare la giusta visibilità. Cosa che è regolarmente avvenuta. Adesso però, dopo pochi giorni dall’inizio del torneo, le proteste si sono mostrate fin troppo efficienti nell’ottenere gli obiettivi prefissati e hanno portato a un veloce cambio di rotta da parte di prefetti e governatori, ad una marcia indietro sui prezzi dei biglietti degli autobus e a una grande presa di coscienza delle istanze della popolazione da parte della presidente Rousseff, che si è mostrata molto accondiscendente. Questo ha da un lato un effetto positivo, dall’altro espone il quadro sociale a un pericolo. Con le protese che difficilmente si placheranno, il rischio è uno solo: con un movimento che fino a questo punto non ha avuto una guida, potrebbero emergere posizioni estreme o violente. Sul tema il fronte dei cittadini si è già spaccato. Da un lato c’è chi, puntando sui temi cari all’anti-politica, non vuole che nessuno assuma una leadership. Dall’altro c’è chi invece invoca una leadership che possa sintetizzare le richieste e dialogare con le autorità. Un’aspirazione condivisa da molti partiti e movimenti politici sia di estrema sinistra che di estrema destra. Una destra frustrata da anni di governo del Pt di Lula e Dilma e che ora cerca di affermarsi, magari danneggiando gli avversari.

Il rischio, in mancanza di idee chiare, è l’isteria. Ogni notizia può essere letta in maniera distorta dai manifestanti o interpretata a proprio favore dai politici. E si può scatenare la rivolta. Cosa che è accaduta già la sera di venerdì, dove i manifestanti più violenti hanno avuto maggiore spazio di manovra in varie manifestazioni, organizzate in diversi quartieri in maniera ‘scollegata’ tra loro. Chi approfitta della situazione oltre ai politici più smaliziati, sono anche i criminali e i trafficanti di droga, piegati dalle politiche di pacificazione delle favelas, che secondo la Segreteria di Sicurezza Pubblica dello Stato di Rio, avrebbero già messo a segno i primi colpi, approfittando della confusione.

Considerando che Rio è la città dove si concentrano migliaia di armi da fuoco illegali nella mani di banditi e trafficanti, il rischio del caos totale, vista anche l’impreparazione della polizia e la possibilità di vedere l’esercito in strada, potrebbe essere alto. E superare il limite.

 

Fonte:
Il Fatto