Brasile: Lula toglie spazio allo Stato
09/01/2009
Giunto a metà mandato, il presidente vuole ridurre la presenza pubblica nell’economia.
Migliora il clima per gli investimenti, ma si rafforza il malcontento nell’ala radicale del partito.
MILANO • Al giro di boa della presidenza Lula, il Brasile gode della ripresa più robusta dell’ultimo decennio. Ha appena centrato un avanzo commerciale da record, ha ridotto il debito pubblico per la prima volta dall’inizio degli anni 90 e si prepara a ripartire con le privatizzazioni.
A essere spezzato sarà il monopolio statale nel settore della riassicurazione. Agli investitori stranieri viene lanciato, in questo modo, un nuovo, incoraggiante segnale di riforma del mercato.
Eppure il Governo si trova nel mirino sia dell’ala sinistra del Pt, il partito fondato dallo stesso Lula, che lo accusa di una politica neoliberale non sufficientemente rivolta al sociale, sia della sua componente più vicina alle imprese, che critica la politica monetaria fortemente restrit• tiva della Banca centrale e l’apprezzamento del cambio.
I dati macroeconomici del Paese sono confortanti: l’economia è cresciuta lo scorso anno di oltre il 5% e, seppure per il 2005 sia previsto un rallentamento, il consenso degli economisti interpellati settimanalmente dalla Banca centrale è appena stato rivisto al rialzo dal 3,5 al 3,7%. E’ proprio la forza dell’espansione economica, insieme alla rigidità dell’inflazione (che lo stesso consenso prevede al 5,7% a fine anno, contro un obiettivo del 5,1) a preoccupare la Banca centrale, che a gennaio ha alzato i tassi d’interesse, portandoli al 18,25%, per il quinto mese consecutivo.
Secondo gli economisti del Csfb di San Paolo, altri rialzi sono in vista nei mesi di febbraio e marzo. Solo successivamente, la Banca centrale brasiliana si prenderà una pausa e nella seconda metà dell’anno dovrebbe iniziare ad allentare la stretta, che anche diversi economisti di mercato ritengono eccessiva. Gli alti tassi d’interesse, insieme alla debolezza del dollaro, hanno contribuito alla rivalutazione del real, che ha aperto questa settimana attorno a 2,63 per un dollaro, ai livelli più alti degli ultimi due anni e mezzo.
Le imprese, in una critica echeggiata anche dal ministro dell’Industria, Luiz Ferdinando Furlan, un ex imprenditore molto attento alle ragioni del business, temono che la doppia stretta, dei tassi e del cambio, finisca per strangolare l’economia, oltre che ridurre la competitività dell’export, che lo scorso anno ha prodotto l’attivo commerciale da primato vicino ai 34 miliardi di dollari. Finora, Lula ha difeso la linea rigorista della Banca centrale e del ministro delle Finanze, Antonio Palocci.
L’aumento dei tassi potrebbe far sentire i propri effetti anche sui conti pubblici, che hanno ottenuto un surplus primario l’anno scorso del 4,6%, oltre l’obiettivo del 4,25%. Il 2004 ha segnato anche una forte discesa del rapporto debito/Pil, da 57,2 a 51,8% e il dimezzamento della percentuale di debito indicizzata al dollaro, con la riduzione quindi della vulnerabilità ai movimenti del cambio.
L’insoddisfazione a sinistra è legata invece alle promesse, non mantenute, dicono i suoi esponenti, di sconfiggere la povertà e la fame. Anche in questi giorni, diversi gruppi di dirigenti del Pt hanno protestato in varie forme. Il fatto che, al Forum sociale di Porto Alegre, gli applausi per Lula abbiano subissato i fischi e che la popolarità del presidente sia in rialzo con il recupero dell’economia, indicano che, almeno per ora, il Governo manterrà la rotta tracciata nei primi due anni di mandato.
Il Sole 24 Ore
sezione: MONDO & MERCATI data: 2005-02-01 – pag: 11
autore: ALESSANDRO MERLI