Brasile, Lula rieletto presidente punta ai ceti più poveri

09/01/2009

«Le elezioni sono finite. Da questo momento non c’è più un avversario, ma gli avversari sono le ingiustizie sociali del Brasile». Rieletto con il 60,8% delle preferenze Lula è stato acclamato nel centro di San Paolo.

Nel suo primo discorso da presidente eletto, Luiz Inacio “Lula” da Silva, 61 anni da due giorni, ieri sera ha messo in chiaro quali saranno le direttrici del suo secondo mandato. Ha detto che il suo nuovo governo, come l’attuale, si rivolgerà principalmente ai poveri: ha detto che l’economia sarà austera, ripetendo il vecchio adagio secondo cui non si può spendere più di quanto non si guadagni; ha promesso la crescita economica e la riforma politica «che dovrà mettere ordine nel marasma e nelle contraddizioni dell’attuale sistema partitico e elettorale»; e per questo Lula ha ribadito che «dialogherà con tutti», alleati e opposizione, facendo eco al suo fedele ministro Tarso Genro che da tempo va ripetendo la necessità di “larghe intese” e di un “ridimensionamento” del peso del Partito dei Lavoratori nel prossimo esecutivo. Perché se Lula ha trionfato con 58 milioni di voti, risalendo nel consenso dopo il mezzo fallimento del primo turno, quando sembrava che il suo avversario Geraldo Alckmin (Psdb) potesse essere a un passo dal raggiungerlo, non si può dire la stessa cosa del suo Pt, il partito nato più di vent’anni fa come costola politica del più forte movimento sindacale della storia brasiliana e di cui Lula era il leader.

Macchiato da una successione imbarazzante di scandali, ultimo quello del falso-dossier sullo stile del Watergate alla vigilia delle elezioni, e privato via via dei suoi uomini simbolo, da José Dirceu a Antonio Palocci fino a Ricardo Berzoini, da pochissimo allontanato dalla presidenza del partito, il Pt si è trasformato quasi in un motivo di imbarazzo per il Presidente.

Il prossimo Governo vedrà una compagine di alleati più allargata e già ieri la “governabilità” è rientrata tra le prime preoccupazioni affrontate da Lula. Molti analisti si sono domandati a cosa si debba la risalita del presidente nelle urne di ieri. Lula è risultato vincitore in 20 Stati su 27. In alcuni di questi, come il Maranhao, si sono capovolti i risultati tradizionali. A Rio de Janeiro ha vinto il super favorito Sergio Cabral del Pmdb, partito che si è spaccato per appoggiare Lula.

I partiti in generale hanno vissuto un momento di crisi con queste elezioni e saranno al centro della riforma politica che il presidente Lula ha promesso di affrontare da gennaio in poi: uno dei punti nodali è proprio la “fedeltà di partito”. Oggi gli eletti possono cambiare partito “come si cambia di camicia”: secondo le intenzioni, questa attitudine da domani non potrà essere più permessa e i deputati dovranno restare sotto la stessa sigla con cui sono stati eletti. La vittoria di Lula lascia prevedere una continuità sul versante della politica estera, soprattutto per quel che riguarda l’integrazione regionale già cominciata in questi ultimi quattro anni con un’attenzione maggiore al Mercosur che all’Alca.

Ieri sera il presidente della Bolivia Evo Morales ha espresso soddisfazione per il risultato delle elezioni, il giorno dopo aver siglato il sospirato contratto con cui la Petrobras ha deciso di mantenere la sua presenza nel Paese dopo la crisi iniziata lo scorso maggio, quando la Repubblica andina annunciò di voler privatizzare le sue risorse naturali. Lula ha detto che la crescita dell’economia sarà una delle priorità anche del suo prossimo mandato e che i poveri avranno attenzione maggiore.

Il suo ragionamento è semplice: se aumenta il salario minimo, il commercio aumenta e la produzione delle fabbriche anche. Secondo molti analisti la macroeconomia non subirà cambiamenti radicali, così come la politica delle riforme. Molte di quelle promesse nel 2002, all’inizio del primo mandato, rimangono ancora da realizzare: come quella agraria, fatta per metà. Il risultato di ieri dimostra che la riconquista di una parte di elettorato indeciso e di classe media ha funzionato, ma le incognite per Lula vengono anche dai suoi sostenitori tradizionali.

La sinistra brasiliana si è spaccata intorno alla rielezione del presidente. Il Psol di Heloisa Helena è stata la spina del fianco di tutta la campagna elettorale di Lula. E molti di quegli elettori che lo avevano rifiutato al primo turno lo hanno recuperato ieri.

Saprà il Lula Bis (2007-2010) trovare risposte anche per questa parte di Brasile e ricostruire il consenso necessario a governare con un’opposizione che promette dura battaglia?

Fonte:
Il Sole 24 Ore