Brasile, il prossimo gigante economico su scala mondiale

13/11/2008

Lo scorso mese di ottobre il ministero Affari Esteri ha reso noto un avviso di vacanza di posto per esperto – ai sensi dell’art 168 del Dpr 18/67- per l’incarico di addetto scientifico presso l’ambasciata d’Italia a Brasilia, con scadenza l’8 novembre 2008. La rete degli addetti scientifici, al pari della rete degli istituti di cultura e degli addetti finanziari dislocati in supporto alle ambasciate, rappresenta un importante moltiplicatore di forza nella gamma degli strumenti diplomatici italiani.

Nel caso specifico, la promozione della ricerca scientifica e tecnologica bilaterale, l’assistenza e la promozione dei rapporti economico-industriali nei settori delle tecnologie avanzate e l’incentivazione di contatti tra enti di ricerca brasiliani e italiani in un paese come il Brasile oggi appare un elemento di grande rilievo. Il Brasile è infatti uno dei quattro paesi facenti parte del Bric (Brasile-Russia-India-Cina), acronimo coniato dalla Goldman Sachs nel 2001 che mette insieme le maggiori potenze emergenti su scala mondiale da qui al 2050. Ma mentre i colossi cinesi e indiani e la stessa Federazione Russa godono di ampio monitoraggio internazionale, il Brasile appare essere seguito con una attenzione decisamente inferiore.

Eppure la República Federativa do Brasil si presenta come prossimo gigante economico su scala mondiale. Seppure ancora gravato da forti squilibri sociali interni (fenomeno favelas, criminalità e omicidi, condizione dei brasiliani neri – per i quali sarà interessante seguire possibili ‘effetti Obama’ nel prossimo futuro) oggi sembrano lontani anni luce i tempi in cui era lo stesso Brasile a generare crisi economiche globali, come accadde nel 1999 a seguito della forte svalutazione del real. Anche l’inflazione brasiliana, che ha galoppato per decenni a due cifre, si trova a un livello europeo (circa 4%) da diversi anni dando quindi una idea generale di credibilità e solidità.

Forse il maggiore fattore di potenza brasiliano degli ultimi anni è la scoperta di nuovi imponenti giacimenti di petrolio off shore, tanto che alcuni analisti hanno parlato di una nuova Arabia Saudita in Sudamerica. Solo nel giugno scorso il vice direttore di Panorama, Pino Buongiorno, ricordava ad esempio come “A San Paolo del Brasile la compagnia statale petrolifera Petrobras annuncia di aver scoperto un immenso giacimento di greggio nel bacino Santos, con un potenziale, tutto da verificare, di 33 miliardi di barili. Tanto quanto basterebbe per fare entrare il Brasile nel club dei dieci maggiori esportatori di energia al mondo”.

Sulla base di questo nuovo contesto energetico, che vede estendere gli interessi di Petrobras persino in Medioriente, si sviluppa la politica estera del presidente Lula, definita dagli americani con un gioco di parole come “right left” (giusta sinistra) tra biocarburanti (etanolo derivato dalla canna da zucchero) e nuovi programmi di militarizzazione (su tutti il programma per il sottomarino nucleare brasiliano da realizzarsi con supporto francese entro il 2020). Nel breve-medio periodo, invece, il Pac (Programma di accelerazione della crescita) per il quadriennio 2007-2010 vede per la stessa Italia importanti opportunità di inserimento nei settori trasporti, logistica, autostrade, ferrovie, porti, trasmissione e generazione energia elettrica, come ricordato dall’ambasciatore Brasiliano in Italia Adhemar Gabriel Bahadian.

Se queste sono le prospettive economiche, a livello geopolitico regionale l’arco di instabilità appare invece evidente. Un rischio di escalation concreto esiste a causa delle crescenti tensioni tra Venezuela e Colombia, i cui governi ideologicamente opposti (Alvaro Uribe e Hugo Chavez) stanno vivendo momenti di attrito notevole, culminati nel ‘licenziamento’ di Chavez nel ruolo auto attribuito di mediatore per le Farc e in continue rivendicazioni territoriali (Guyana) tali che le vecchie potenze coloniali potrebbero rientrare nel grande gioco in caso di crisi conclamata. Proprio nel corpus ideologico di Chavez non andrebbe sottostimata la retorica della Gran Colombia, stato che comprendeva gli attuali territori di Colombia, Venezuela, Ecuador e Panama e che ha come fondamento storico l’esperimento di unione di Simon Bolivar (1819-1831). In tutto questo, l’ideazione di una esercitazione navale congiunta russo-venezuelana va a internazionalizzare la dimensione degli attriti.

Ritornando invece a ciò che attiene più strettamente al Brasile, da una prospettiva storica è interessante anche notare come l’ambasciatore Sergio Romano dalle righe del Corriere della Sera ricordò alcuni anni fa come vi siano già stati momenti in cui il Paese verdeoro ha assunto i caratteri e le ambizioni di una grande potenza: “il Brasile dichiarò guerra alla Germania nell'ottobre del 1917, partecipò come socio fondatore alla Società delle Nazioni, ne uscì clamorosamente nel giugno del 1926 quando i maggiori Stati europei gli negarono un seggio permanente nel Consiglio della organizzazione”. Anche da queste radici partono le attuali rivendicazioni politiche brasiliane circa la riforma del Consiglio di Sicurezza dell’Onu.

Nella sua attuale proiezione internazionale, infine, il Brasile sembra espandere la sua sfera di influenza non solo al continente latino-americano ma anche al mondo lusofono-africano, specificamente Angola e Mozambico.

 

Fonte:
Pagine di Difesa
Diego Bolchini