Brasile: il momento della svolta
09/01/2009
Per il Brasile la congiuntura è favorevole: l’economia cresce ad un tasso sostenibile, la società civile risponde positivamente e a livello internazionale si vede consolidare l’immagine di leader tra i paesi in via di sviluppo. Per il “paese del futuro” sembra arrivato il momento della tanto attesa svolta.
(Massimo Carcheri)
Una crescita costante
Il momento per il Brasile e per gran parte del continente sudamericano si sta rivelando estremamente positivo. La crescita economica brasiliana è costante e per il 2004 si è attestata attorno al 5%, confermando in questo modo la posizione di leadership dentro il continente e quella privilegiata all’interno del gruppo dei Paesi emergenti, di cui fanno parte Paesi come Cina, Corea del Sud, India e Argentina, che si possono a questo punto affacciare sulla scena economica consci del proprio progresso e del potere acquisito in questi anni. Gli accordi economici raggiunti o in programma tra questi Paesi, Brasile compreso, lasciano profilare la costituzione di un terzo polo economico capace di tenere testa, diplomaticamente e come dimensioni degli scambi commerciali, a quello nordamericano e quello europeo, con mercati del lavoro decisamente competitivi e vantaggi comparativi apprezzabili, dato che le esigenze delle rispettive economie sono simili così come le situazioni di partenza delle rispettive economie. All’interno del Brasile i contatti che vi sono tra Mercosur e Cina, ad esempio, o gli accordi raggiunti tra Cina e Argentina per la costruzione di infrastrutture, sono visti favorevolmente.
Questo fermento economico, che si traduce in fermento sociale, è ben visibile in Brasile; la società brasiliana si sta avviando verso la costituzione di una classe media con un buon potere di acquisto, con le carte in regola per essere la classe dirigente dei prossimi anni. Il Brasile, insieme all’Argentina, deve puntare al potenziamento della classe media, attori sociali che permettono l’avvio e il mantenimento dello sviluppo industriale attraverso i consumi, e che richiedono sempre più spazio all’interno della società partecipando da protagonisti alla fase decisionale e rivendicando a gran voce il diritto di gestire autonomamente l‘economia e la società. Attualmente alla televisione brasiliana passa uno spot del Governo che dice: “O melhor do Brasil é o brasileiro”, il meglio del Brasile è il brasiliano, spot che deve far riflettere. Il capitale umano di cui dispone il Brasile è imponente, la sua popolazione è giovane e numerosa e se il governo riuscisse ad imporre una politica di educazione, formazione e aggiornamento nei confronti delle giovani classi lavoratrici, questi potrebbero formare la classe dirigente del futuro costituendo una riserva interna per lo sviluppo di cui sono sempre più carenti i Paesi occidentali per esempio, alle prese con l’invecchiamento della popolazione e con una netta involuzione del numero delle nascite. In tutto ciò ha giocato un ruolo non secondario la globalizzazione, attraverso i meccanismi di delocalizzazione e frammentazione della produzione. Sebbene siano sistemi che tendono a generare e mantenere situazioni di disuguaglianza, è innegabile che attori come le multinazionali, servendosi di manodopera locale e attingendo dalla realtà dei paesi “ospitanti” anche per i quadri dirigenziali, abbiano svolto un ruolo di formazione professionale importante che difficilmente si sarebbe avuto con uno sviluppo interno o in situazioni di autarchia, ossia chiusura del mercato nei confronti dei mercati internazionali. Questi fatti incontrovertibili non devono però far dimenticare i problemi di questo sterminato Paese, sempre alle prese con un forte debito nei confronti di istituti di credito privati ed organizzazioni internazionali come il Fondo Monetario Internazionale o la Banca Mondiale e con la povertà di molti dei suoi abitanti che vivono nelle famigerate “favelas” dove la polizia nemmeno entra. E da non dimenticare inoltre le sempre potenti oligarchie detentrici dei diversi poteri, economici, politici, militari e sociali, che cercano di impedire il cambiamento all’interno del Brasile per conservare lo status di cui hanno goduto dai tempi dell’ indipendenza dai portoghesi.
Il caso Lula
In Brasile il dibattito sul Presidente Lula è sempre acceso e la popolazione appare divisa, anche se un recente sondaggio lo indica come favorito per le elezioni presidenziali future. I detrattori di Lula abbracciano i più diversi strati sociali e vanno dalle classi più alte e conservatici fino ai settori più estremi del PT, il Partido dos Trabalhadores di cui Lula fa parte. L’aspetto su cui si concentrano la maggior parte delle critiche al Presidente è la supposta incapacità di quest’ultimo a ricoprire la massima carica brasiliana. Le “papere” di Lula sono famose nel mondo e sono dovute alla sua inesperienza ed ingenuità in campo istituzionale e ad una certa cattiveria che contraddistingue i mezzi d’informazione più conservatori che non esitano a sottolinearne i difetti di comportamento. Ma a parte ciò la questione può trovare fondamento se ci si interroga sulle effettive capacità di governo di Lula; la sua elezione, dopo tante altre volte in cui non riuscì nell’impresa, deve essere vista come un simbolo nel quale confluiscono tutte le frustrazioni ed ingiustizie subite da ampie frange di popolazione da sempre escluse dai giochi di potere e l’attenzione non si deve concentrare solo sul personaggio Lula ma sulla sua squadra di governo, formata da persone che hanno decisamente dimostrato di essere in grado di portare avanti le politiche necessarie al cambiamento. Ma singolare è il fatto che i suoi oppositori, sia del PT sia della parte opposta, si trovino d’accordo nel criticarne le azioni, ovviamente da diversi punti di vista: l’ala più radicale dei PT gli rimprovera la mancata messa in opera delle sue promesse elettorali e i cedimenti di fronte ai differenti poteri forti presenti in Brasile, gli altri manifestano insoddisfazione per le riforme che minano le situazioni di privilegio. C’è da dire che durante la campagna elettorale Lula promise molto più di ciò che effettivamente sarebbe poi stato in grado di mantenere e che in ogni caso non è semplice cambiare un ordinamento delle cose che si fonda sull’esclusione sistematica di una parte della popolazione da centinaia di anni. La politica dei “piccoli passi” non solo è consigliabile ma è l’unica possibile. Comunque i problemi per l’attuazione del programma arrivano da tutte le parti e l’ultima tegola sembra aver scosso il Governo: l’opposizione ha infatti conquistato la Presidenza della Camera dei Deputati con Severino Cavalcanti. Come sottolineato dal Financial Times in un articolo al vetriolo “l’umiliante sconfitta del PT…nell’elezioni per la presidenza della Camera dei deputati ha ridotto seriamente la capacità del Presidente Lula di imporre un’agenda di riforme aggressiva“. L’insuccesso del PT mina la sua capacità di definire il programma di lavoro della Camera, soprattutto perché il nuovo presidente Severino Cavalcanti si è già dimostrato attento alle lamentele dei leader industriali ma soprattutto ostile, tra le altre cose, al disegno di Lula di rendere indipendente la Banca Centrale. Lula ha comunque sottolineato come lavorare con il nuovo Presidente della Camera “non è la fine del mondo, non vedo problemi nel governare con Cavalcanti. Io devo governare un Paese, non importa chi sia il Presidente della Camera”.
La politica estera del Brasile
Il Presidente Lula si è rivelato un abile diplomatico per alcuni, o un politico che cerca di non scontentare nessuno, per altri. In ogni caso è innegabile che sia riuscito a collocare la diplomazia brasiliana in una posizione di preponderanza, ben lungi dalle temute posizioni di incertezza e radicalismo che molti paventavano prima del suo arrivo al potere. L’appoggio di Lula ai Presidenti Chavez e Kirchner, tanto nelle relazioni bilaterali come nei summit internazionali, serve a consolidare l’asse Buenos Aires – Brasilia – Caracas come motore per l’integrazione dell’America del Sud, il cui leader indiscusso è il presidente brasiliano. I tre Presidenti si sono riuniti a Montevideo il 1 marzo per presenziare al giuramento del nuovo Presidente dell’Uruguay, Tabarè Vazquez. Lula ha esercitato fin dal primo momento un ruolo di moderatore davanti al presidente Chavez, con il quale si è già riunito ben sedici volte da quando è arrivato alla presidenza. Il Presidente del PT, Josè Genoino, ha affermato che “abbiamo l’obiettivo di integrare l’America Latina, e questo esige una forte unione tra tutti i governi. Non vogliamo creare differenze tra i paesi, ma superarle, e la presenza di Chavez al potere non rappresenta un problema per la regione”. Il Brasile è il principale attore commerciale del Mercosur, affermazione suffragata dai dati che illustrano come le attività economiche in uscita abbiano differenti destinazioni: il 59% delle sue esportazioni va verso gli Stati Uniti, Argentina, Cina, Olanda, Germania, Italia, Giappone, Cile e Francia. Nel 2004 il Brasile ha realizzato un superavit commerciale di 8,237 miliardi di dollari, grazie alle esportazioni di materiali metallurgici e chimici, carne, componenti meccaniche e minerarie.
Il Brasile inoltre culla la vecchia aspirazione di vedersi assegnare, nel più breve tempo possibile, un seggio permanente presso il Consiglio di Sicurezza dell’ONU.
Gli sviluppi dell’ALCA
Dopo due giorni di riunioni, i co-presidenti dell’ALCA, Peter Allgeier e Adhemar Bahadian, si sono dichiarati “motivati a riprendere le negoziazioni per la creazione dell’Area di Libero Commercio”. L’incontro è avvenuto a Washington tra giovedì 24 e venerdì 25 febbraio. Nell’incontro sono state ripresentate le rispettive posizioni dal punto in cui erano state paralizzate le negoziazioni, dieci mesi fa. L’ALCA è stata creata nel 1994 e, secondo il programma originario, si dovrebbe realizzare entro dicembre di quest’anno. “Ci sono state discussioni stimolanti”, ha detto l’Ambasciatore brasiliano Bahadian riassumendo i due giorni di riunioni che hanno mosso le acque dopo la stagnazione di dieci mesi dovuta ad una proposta statunitense giudicata dalla diplomazia brasiliana “inaccettabile, uno strappo in relazione a quanto accordato in precedenza”, secondo le parole dell’Ambasciatore. Anche se, alla luce dei fatti, non si sono registrati mutamenti, il clima tra le due parti si è disteso. Le due questioni più spinose sono state la proprietà intellettuale e il programma di riduzione delle tariffe. Secondo Bahadian ci sono nuove possibilità di accordo sui tempi di riduzione delle tariffe, se si recupereranno i parametri stabiliti a Miami nel 2003, quando si decise che i prodotti brasiliani si sarebbero visti ridurre le tariffe in quattro tappe: lo stesso anno dell’accordo, cinque anni dopo, dieci anni dopo e a lungo raggio. L’interruzione delle trattative si verificò poiché gli Stati Uniti lasciarono intendere che alcuni prodotti brasiliani non avrebbero mai avuto libero accesso al mercato USA. Adesso le negoziazioni riprenderanno a fine di marzo: “Arrivare ad un accordo non è facile ma è possibile, soprattutto se si terrà fede a quanto stabilito a Miami”, ha concluso Bahadian.
L’attività presso il Mercosur
Concludere il maggior numero di accordi per accedere ai mercati all’interno dell’emisfero, per non perdere tempo con la lentezza delle negoziazioni per la creazione dell’Area di Libero Commercio in America (ALCA): questa decisione è stata presa venerdì 25 febbraio ad Asunciòn, Paraguay, dai rappresentanti dei quattro Paesi del Mercosur. Le autorità brasiliane, argentine, paraguaiane e uruguaiane ricordano che il blocco ha già stretti rapporti con il Cile, con tutta la Comunità Andina (Bolivia, Perù, Equador, Venezuela e Colombia), e sottolineano come ci siano contatti avviati con il Messico, il Canada, il Sistema di Integrazione dell’America Centrale (SICA) e la Comunità dei Paesi dei Caraibi (Caricom).
Il Brasile leader dei Paesi in via di sviluppo
I Paesi arabi e dell’America del Sud realizzeranno il primo incontro per intensificare il commercio intra-regionale il 10 e 11 maggio. La riunione tra i leader dei Paesi integranti dei due blocchi si terrà a Brasilia e secondo il Ministro brasiliano per le Relazioni Estere, Celso Amorim, l’incontro servirà a dare impulso agli investimenti tra le due regioni che, fino a poco tempo fa, “neppure si guardavano”. Per il Brasile l’incontro è strategico perché rafforza la politica estera messa in pratica dal governo Lula, che cerca alleanze con i paesi in via di sviluppo in un momento di paralisi nel quale si trovano attualmente le negoziazioni con i paesi ricchi. Amorim ha visitato negli ultimi dieci giorni la Giordania, le autorità palestinesi, la Siria, l’Arabia Saudita, l’Oman, il Qatar, il Kuwait, la Tunisia e l’Algeria per portare personalmente l’invito del Presidente Lula a ciascuno dei leader di quei Paesi e rafforzare la partecipazione del Brasile alla prima riunione dei governanti dei paesi arabi e dell’America del Sud. Il Ministro brasiliano ha citato come esempio di opportunità commerciali che l’America Latina può offrire al mercato arabo la vendita di 500 autobus realizzata da un’impresa brasiliana per il Qatar. Amorim ha affermato inoltre che è interessato a promuovere un incontro tra i paesi del Consiglio di Cooperazione del Golfo (CCG) e quelli del Mercosur, a margine della riunione coi paesi arabi. L’Unione doganale del Mercosur che riunisce Brasile, Argentina, Paraguay e Uruguay potrà sottoscrivere a maggio, a Brasilia, un accordo preliminare per un futuro patto di libero commercio con il CCG, integrandolo con l’Arabia Saudita, il Bahrein, gli Emirati Arabi Uniti, il Kuwait, l’Oman e il Qatar. Il capo della diplomazia brasiliana ha affermato che i paesi dell’America del Sud hanno molto da offrire ai paesi arabi in quanto ad esperienza nei settori di beni e servizi, ricordando inoltre la grande capacità d’investimento di cui sono in possesso i paesi arabi. Amorim ha inoltre approfittato del viaggio per chiedere appoggio per la candidatura brasiliana alla direzione generale dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC) e ha affermato che tra i paesi arabi membri di quell’organismo “c’è un clima positivo” nei confronti di questa ipotesi. Da sottolineare che il Qatar ha già dichiarato che appoggerà il candidato brasiliano Luiz Felipe Seixas Correa.
Conclusione
Negli ambienti economici circola una battuta da molto tempo: “Il Brasile è il paese del futuro…e continuerà ad esserlo”, segno evidente delle troppe occasioni mancate da parte del gigante sudamericano. Stavolta sembra però che il cambio di marcia si possa davvero concretizzare: la stabilità politica, condicio sine qua non per rendere sostenibile uno sviluppo economico e sociale e per acquisire credibilità a livello internazionale, appare raggiunta e di questo bisogna riconoscerne i meriti a Lula ed alla sua squadra di governo; per la prima volta il Brasile ed altri paesi in via di sviluppo non hanno accettato silenziosamente le ricette proposte dal FMI e dagli altri organismi finanziari internazionali per sanare le bilance commerciali e le rispettive economie, ma hanno attuato programmi di risanamento autonomi e a lungo respiro che ne dimostrano le capacità e il dinamismo, senza tuttavia interrompere il dialogo con gli istituti finanziari e continuando a pagare i debiti con questi, attirando così capitali stranieri e permettendo il rientro di capitali locali che verranno investiti in programmi seri di sviluppo; l’unione tra i paesi in via di sviluppo ne fortifica l’immagine e soprattutto la capacità di contrattazione ed il peso politico sulla scena internazionale, ed in questo processo il Brasile gioca un ruolo di primo piano come leader riconosciuto ed apprezzato.
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