Brasile, ennesima stretta sui tassi

04/04/2014

Un'altra stretta. Il Brasile ha aumentato il tasso di sconto (Selic) all'11%, di 25 punti base.
La politica monetaria scelta da Alexandre Tombini, governatore della Banca centrale del Brasile, è mirata a contenere la pressioni inflazionistiche che costituiscono una minaccia alla stabilità del Paese.

Quello di ieri è il nono rialzo consecutivo, si estende quindi a due anni il periodo restrittivo, in termini di politica economica: iniziato nel 2013 non è ancora concluso anche se i ministri economici di Brasilia tendono a prefigurare un'inversione di tendenza, a medio termine.
E' l'inflazione lo spettro che allarma Dilma Rousseff e soprattutto il ministro dell'Economia Diego Mantega. L'inflazione annua è vicina al 6,5% e la decelerazione, nella corsa dei prezzi, è ancora modesta per interrompere le politiche monetarie restrittive.
L'aumento dei tassi di interesse, se pure ha il merito di contenere il surriscaldamento dei prezzi, ha lo svantaggio di attenuare la crescita del Pil.

Nel 2014 il tasso di crescita del Pil dovrebbe attestarsi all'1,8%, secondo il LatinFocus Consensus forecast, la task force di analisti privati che periodicamente formulano delle previsioni.
Previsioni riviste al ribasso anche da parte di Goldman Sachs che ha motivato il rallentamento con la minor crescita di Argentina e Cina. Ma anche causato da una domanda interna brasiliana senz'altro raffreddata.
Dopo aver registrato un'espansione del 7,5% nel 2010, la crescita dell'economia brasiliana è stata del 2,7% nel 2011 ma solo dell'1% nel 2012. Una buona ripresa invece, quella del 2013, anno in cui il Pil è salito del 2,3% rispetto all'anno precedente.

La congiuntura interna e internazionale del Brasile è palesemente condizionata dalle elezioni presidenziali del prossimo ottobre, in cui si ripresenterà Dilma Rousseff che però nelle ultime settimane ha registrato un calo di consensi.
La scorsa settimana l'agenzia internazionale Standard &Poor's ha tagliato il rating sovrano del Brasile, portandolo da BBB a BBB-, il livello più basso di investnment grade. La bocciatura, secondo S&P, dipende da un mix di fattori: «Indebolimento del bilancio, fragilità sui conti con l'estero e la prospettiva di una diminuzione delle capacità di intervento di bilancio rispetto a una crescita frenata nei prossimi anni e una difficoltà ad aggiustare la politica prima delle elezioni presidenziali».
Aspre le reazioni di Mantega e di Rousseff che rimproverano a S&P palesi condizionamenti politici e un'ostracismo ai governi di sinistra.

 

Fonte:
Il Sole 24 Ore