Brasile, è boom di investimenti

09/01/2009

Il flusso degli investimenti stranieri diretti sta aumentando. Per gran parte dell`attuale decennio i buoni risultati del Brasile sono stati offuscati da quelli degli altri giganti dei mercati emergenti, Cina India e Russia, sinora il Paese del Bric che cresce piú rapidamente. Ma negli ultimi mesi il Brasile ha cominciato a migliorare.
É quanto riporta un articolo pubblicato in gennaio sul “Financial Times”, dedicato al costante affluire dei capitali esteri nel Paese sudamericano. L`interpretazione data dagli analisti brasiliani a questa presa di posizione del prestigioso quotidiano finanziario é univoca: la comunitá economica internazionale ha ormai cessato di considerare il Paese verdeoro come «brutto anatroccolo» dei paesi del Bric (acronimo che indica i quattro principali paesi emergenti, ossia Brasile, Russia, India e Cina, ndr).

Il giornale britannico fa notare che i 34,6 miliardi di dollari affluiti dall`estero nel 2007 – maggior valore mai registrato in un unico anno -rappresentano quasi «il doppio rispetto alla quantitá attratta dal Brasile nel 2006, ed almeno in termini nominali, piú del flusso attratto all`inizio di questo decennio, quando la campagna di privatizzazione procedeva a pieno ritmo».

A sdoganare il Brasile anche una recente relazione dell`Unctad (Conferenza delle Nazioni unite sul commercio e lo sviluppo), secondo la quale nel 2007 il Paese sudamericano, quanto a investimenti stranieri diretti, ha ricevuto addirittura il doppio rispetto all`India. E questo risultato lo colloca, nel mondo intero, alle spalle della sola Olanda, il cui stupefacente dato del 2007 é legato alla vendita della banca Abn-Amro agli spagnoli del gruppo Santander.

Negli ultimi mesi i megainvestimenti stranieri in loco sono stati innumerevoli, ma in particolare due hanno colpito i media e l`opinione pubblica nazionale: l`acquisto di due miniere di ferro, da parte della Anglo American, per cinque miliardi e mezzo di dollari, nonché gli investimenti – nella misura di circa un miliardo di dollari – da parte della Symetrix, impresa statunitense di microchip.

Questo sorprendente incremento dell`afflusso di capitali esteri non é dovuto solo alla forte crescita della domanda mondiale di risorse naturali, di cui il Brasile é notoriamente ricchissimo. Senza voler sminuire l`importanza di questa voce del capitolo “entrate”, giova infatti ricordare che nei primi undici mesi del 2007 oltre un terzo degli investimenti dall`estero ha beneficiato il settore manifatturiero (il dato é stato fornito dalla Banca centrale, ndr). Il flusso non ha trascurato neppure i settori – vedi ad esempio quello edilizio – tradizionalmente orientati al mecato interno.

E se é vero che la funzione di traino é rimasta appannaggio del mercato delle commodity – col comparto minerario e quello dei biocombustibili su tutti – questo exploit é tuttavia anche il frutto del miglioramento delle prospettive macroeconimiche nazionali. L`articolo del Financial Times si spinge anche oltre, analizzando gli aspetti che continuano ad ostacolare gli investimenti esteri.

Si cita il ritmo di crescita ancora modesto, almeno se posto a confronto con gli indici che possono vantare non solo India e Cina, ma anche varie economie latinoamericane (nel 2007 il prodotto interno lordo locale é aumentato del 5,3 per cento, ndr). E non si trascura neppure la necessitá di una moderna riforma del mercato del lavoro. La conclusione tuttavia é ottimistica, e si esprime la fiducia che il rafforzamento della domanda interna sará in grado di rappresentare un forte argine rispetto alle minacce sempre piú cupe di recessione globale.

L`imprimatur del Financial Times ha seguito di pochi giorni quello del “Wall street journal”, che in un reportage ha definito il Brasile «centro finanziario dell`America latina». Vi si citano gli innumerevoli record della Borsa di San Paolo, e le formidabili performance di Companhia Vale do rio Doce e dell`intero comparto che opera nel settore delle risorse naturali. Senza trascurare il sistema bancario: Il Banco Itaú, secondo il foglio finanziario statunitense, ha chiuso l`anno con un valore di mercato «vicino a quello di Deutsche bank».

Non si tralascia infine il già accennato dato economico piú recente, che mostra come l`economia brasiliana non ruoti esclusivamente intorno al mercato delle commodity. «Il rafforzamento della domanda locale verso i settori immobiliare ed automobilistico», sottolinea il servizio, «é espressione del sorgere di una nuova classe di consumatori. Per il 2008 si prevede che la domanda interna di auto, case e servizi finanziari, possa superare quella di minerali e petrolio». Il circolo virtuoso che sta vivendo l`economia brasiliana – é la tesi conclusiva del “Wall street journal” – non é dunque solo conseguenza dell`esportazione di materie prime, agricole o minerarie.

Gli analisti internazionali ne sono convinti: in Brasile le attuali minacce di recessione economica internazionale e i pressoché quotidiani sobbalzi dei mercati finanziari non provocheranno il noto fenomeno della «fuga di capitali».

Dello stesso avviso il ministro dell`Economia Guido Mantega, secondo cui le turbolenze interne delle ultime settimane hanno una spiegazione semplice quanto razionale: pochi operatori starebbero dismettendo alcuni investimenti finanziari in Brasile solo per recuperare quelle liquiditá necessarie per coprire certi conti in rosso provocati dalle recenti crisi. «Il governo», ha dichiarato il ministro, «non é preoccupato per la fuga di capitali. Quando esiste un saldo positivo non c`é fuga».

A suo dire la fuoriuscita delle ultime settimane é insufficiente non solo perché il flusso di valuta straniera faccia segnare un saldo negativo, ma anche perché da ció possano sentirsi concrete ripercussioni nel ben piú solido terreno dell`economia reale. Quindi Mantega – dopo aver ricordato come il Paese goda della ulteriore protezione rappresentata dal marcante saldo positivo della bilancia commerciale – fa riferimento ai fondi di rischio, quelli piú colpiti dalle recenti turbolenze: «I fondi di rischio hanno giá guadagnato molto, e poi non contaminano l`economia. Non sono legati né alle grandi banche, né all`economia reale. Si tratta di perdite localizzate presso alcune finanziarie. Non hanno alcun contatto con l`economia reale».

Stesso ottimismo sul fronte, analogo ma distinto, degli investimenti internazionali: secondo il ministro l`accelerazione dei consumi interni, stimata nella misura del dieci per cento, rappresenta il maggior stimolo e la miglior garanzia per gli investimenti, tanto nazionali quanto stranieri. E l`unico settore dell`economia reale che potrebbe risentire di un effettivo rallentamento dell`economia mondiale é quello dell`export. Tuttavia, osserva Mantega, «se queste turbolenze non avranno riflessi sulla crescita dell`economia mondiale, in pratica non avranno riflesso neppure nell`economia brasiliana».

Capitali esteri, no grazie. L`afflusso dei capitali stranieri in Brasile non é gradito a tutti. Per buona parte dei movimenti sociali e per il blocco delle forze politiche della sinistra radicale il fenomeno rappresenta uno dei mali maggiori dell`amministrazione Lula.

Che le multinazionali operanti in Brasile non abbiano mai inviato tanto denaro all`estero – presso le le loro sedi principali – come negli ultimi anni, é un dato acclarato; e nel 2007, come ampiamente previsto, il Banco central ha segnalato un nuovo record. Le rimesse di lucri e dividendi hanno cosí raggiunto la somma di 21,2 miliardi di dollari, il che rapprsenta un incremento del 29,8 rispetto all`anno precedente. É poi altrettanto noto che la redditivitá degli investimenti stranieri ha raggiunto i livelli piú alti di sempre.

Ció é bastato perché l`attuale Governo venisse accusato – come fa Diego Cruz sul periodico “Opinião socialista”, organo del Partido socialista dos trabalhadores unificado (Pstu) – di aver consolidato il Paese come «paradiso della speculazione internazionale» (Secondo dati del Banco centrale, rispetto agli ultimi anni del Governo Cardoso il lucro trasferito all`estero dalle imprese straniere sarebbe addirittura triplicato, ndr). Il settore maggiormente preso di mira é quello bancario, poiché i «tassi d`interesse usurari» e le «tasse abusive» avrebbero trasformato il Brasile nel «paradiso dei banchieri stranieri». Tra gli altri operatori accusati del «saccheggio legalizzato», i toni piú duri sono riservati alle concessionarie dei pubblici servizi ed alle multinazionali dell`auto. La «rapina imperialista» viene imputata alla ben note privatizzazioni, che negli anni novanta hanno denazionalizzato interi settori dell`economia.

E in tempi di rallentamento dell`economia modiale – é l`ovvia deduzione – il lucro delle imprese private destatalizzate vola all`estero per coprire i sempre piú numerosi e macroscopici buchi di bilancio. L`attuale esecutivo è inoltre accusato di non avere del tutto interrotto il processo di privatizzazione dei servizi publici, come dimostrerebbe la recente acquisizione, da parte degli spagnoli di Ohl, delle concessioni su buona parte delle infrastrutture autostradali. Non si perdon neppure la supposta protezione degli speculatori internazionali, che starebbero ottenendo i guadagni piú alti di sempre.

L`impennata delle rimesse delle imprese straniere starebbe cosí lí a dimostrare il vero volto degli investimenti esteri in Brasile, tanto finanziari, quanto conseguenza delle privatizzazioni. Questi, lungi dal contribuire alla crescita dell`economia, avrebbero come unico obiettivo il «saccheggio» delle risorse nazionali in forma di lucro, allo stesso modo d`un «vampiro che succhia le ricchezze del Paese». Queste opinioni per ora non godono d`una significativa rappresentanza a livello istituzionale, ma in futuro potranno riuscire a condizionare i poteri pubblici, specie facendo leva sull`impopolaritá dei processi di privatizzazione, ormai radicata nei piú vari strati sociali.

Lente d`ingrandimento, la Fiat in Brasile
Tra le imprese straniere che operano in Brasile, Fiat occupa un posto speciale. Non soltanto per le sue dimensioni, ma anche e soprattutto per una storia ormai pluridecennale, che risale a metá anni Settanta. La notizia é di queste settimane: nel 2007 il gruppo torinese si é confermato leader nel mercato automobilistico verdeoro per il sesto anno consecutivo. Con 613mila veicoli immatricolati ha raggiunto la ragguardevole quota di mercato del 25,9 per cento, come dire che su quattro auto vendute in Brasile una é italiana.

Lo scorso anno la performance di Fiat ha superato le piú ottimistiche previsioni: non solo le consegne hanno avuto un incremento del 30,5 per cento rispetto al 2006, ma questo aumento ha superato quello dell`intero settore auto, stimato al 27,8 per cento. Sono Fiat quattro dei dieci modelli piú venduti, e la Palio e la Uno (in Brasile ribattezzata Mille, ndr) occupano rispettivamente la seconda e la terza piazza.

Secondo quanto scrivono le riviste di settore, determinanti per il raggiungimento di questi lusinghieri risultati sono stati gli apprezzati restyling di Palio e Siena: la prima, con oltre duecentomila unitá vendute, ha fatto registrare un aumento del 36,3 per cento rispetto al 2006, mentre per Siena – che ha sfiorato le novantamila consegne – la performance é ancora piú sorprendente: un perentorio piú 87,4 per cento nell`arco di soli dodici mesi. (Fiat Siena é una berlina “tre volumi compatta” – segmento poco amato in Europa, decisamente di piú in Sudamerica – destinata esclusivamente ai mercati emergenti, ndr). L`azienda ha saputo incrementare il proprio pluriennale primato anche nel segmento dei veicoli commerciali leggeri: il Fiat Strada – con oltre sessantamila esemplari venduti – ha fatto segnare un piú 44,8 per cento rispetto all`anno precedente.

Un disorso a parte merita la Fiat Punto: lanciata in Brasile nell`agosto 2007, in pochi mesi é andata oltre le piú rosee aspettative. Non solo ne sono state vendute quasi quattordicimila unitá, a dimostrare il gradimento degli automobilisti locali, ma ha anche conquistato i principali premi della stampa specializzata: in Brasile é “Auto dell`anno 2008”, mentre la Federazione interamericana dei giornalisti dell`automobile le ha attribuito il prestigioso titolo di “Carro interamericano 2008”.

Va poi segnalata l`importanza che Fiat Automóveis (la Fiat Auto brasiliana, maggior filiale del gruppo nel Paese sudamericano, ndr) riveste per l`azienda torinese nel suo insieme: nel 2006 ha fabbricato il ventotto per cento delle vetture con marchio Fiat prodotte in quell`anno nel mondo intero, e questa percentuale é destinata ad incrementarsi notevolmente quando il sorprendente dato brasiliano del 2007 sará posto a confronto con quello di altri mercati meno dinamici.

L`azienda della famiglia Agnelli ha senz`altro fatto del Brasile la propria “seconda casa”. Non solo il Paese rappresenta, dopo l`Italia, il suo principale mercato, ma ospita anche il suo maggiore impianto al di fuori della madrepatria: la fabbrica di Betim in Minas Gerais, in attivitá dal 1976, puó vantare l`invidiabile ritmo produttivo di circa duemilacinquecento macchine al giorno.

I buoni risultati vengono non solo dal fronte produttivo, ma anche da quello finanziario: nel 2006 la filiale verdeoro é riuscita a fatturare oltre sedici milioni di real, il che rappresentó un incremento del ventiquattro per cento rispetto all`anno precedente. Non va inoltre trascurato che buona parte delle auto prodotte dallo stabilimento mineiro sono esportate nei paesi limitrofi: nel 2006 furono vendute all`estero 96mila unitá, a fronte dei circa 465mila veicoli immatricolati in patria. Le eccellenti performance di questi ultimi anni hanno convinto i vertici del Lingotto a puntare sempre piú sul Brasile, ed a moltiplicarvi gli investimenti.

Cosí di recente si é annunciato un sensibile ampliamento della capacitá produttiva dell`impianto di Betim (che dovrebbe passare da settecento ad ottocentomila unitá annue), e sopra tutto la creazione d`un centro per lo sviluppo delle tecnologie legate alla sicurezza. E non é tutto, dato che sono in previsione anche alcuni impianti minori, da insediarsi in varie cittadine del Minas, non lontane da Betim. Questo piano di sviluppo richiederá un investimento di cinque miliardi di real durante il triennio 2008-2010, e secondo le stime piú recenti dovrebbe creare oltre cinquemila posti di lavoro, oltre ai circa ventimila dell`indotto.

L`ambizioso progetto della «casa torinese» é stato accolto dalle autoritá brasiliane con attenzione ed entusiasmo; tanto a Brasília quanto a Belo Horizonte, ove alla presenza del presidente di Fiat Automóveis Cledorvino Belini, il governatore del Minas Gerais Aécio Neves ha dichiarato: «Stiamo portando nel nostro Stato l`intelligenza del gruppo Fiat. Tutto ció ci apre la prospettiva di avere un`importanza sempre maggiore nelle scelte srategiche del gruppo». Secondo i piú attenti osservatori del settore, la forte ascesa del marchio in Brasile é in gran parte merito di Belini. Primo brasiliano a raggiungere, nel 2004, la presidenza di Fiat Brasile e America latina, non ha ceduto alle suggestioni di chi era convinto che fosse ormai finita l`era dei “modelli popolari”, del cosiddetto «segmento d`entrata».

Nonostante la francese Peugeot avesse deciso di mettere fuori produzione la “206”, ed altre aziende si stessero muovendo sulla stessa direzione, Belini ha continuato a puntare sulla Mille, che rimarrá in commercio almeno sino al 2014. Come accennato la storia gli ha dato ragione: lo scorso anno le consegne della superutilitaria hanno sfiorato quota 130mila, segnando un aumento dell`11,3 per cento rispetto al 2006. «Il segmento di entrata ha grande importanza nel nostro Paese, date le sue caratteristiche socioeconomiche e la grande domanda di motorizzazione», ha recentemente dichiarato, per poi aggiungere: «I veicoli con mille di cilindrata sono responsabili di circa il cinquantacinque per cento delle vendite. Questo é un segmento importante e non lo abbandoneremo. La Mille rimarrá fino al 2014, come minimo. Non é previsto nessun restyling del modello, che é un successo di vendite, con diecimila esemplari al mese».

Quindi il presidente, nel confermare il prossimo lancio della world car “tre volumi” Fiat Linea, ha negato l`opinione comune secondo cui il marchio non riesce ad imporsi in Brasile coi modelli piú costosi, quelli il cui costo superi i sessantamila real: «La Fiat Linea é un prodotto innovativo, che supererá le aspettative dei consumatori».

Fonte:
Musibrasil
Francesco Giappichini