Boom per l’export di manager ‘made in Italy’

09/01/2009

Uno studio della milanese MCS ha verificato come negli ultimi 3 anni sia aumentato del 90% il numero di dirigenti italiani nelle multinazionali di tutto il mondo

Milano – Raddoppiati gli italiani che ricoprono posizioni di primo piano nelle maggiori società di tutto il mondo. Uno studio condotto dalla società Management Consulting & Selection (MCS) di Milano ha rilevato infatti come, negli ultimi tre anni, si sia registrato un incremento del 90% in tal senso nei gruppi multinazionali in varie parti del mondo. L’indagine è stata condotta su un panel di circa 100 direttori del personale di aziende multinazionali, primi interlocutori della società milanese.

Quali peculiarità chiave si aspettano le multinazionali dai nuovi manager? “Le persone cercate dalle multinazionali in Italia per posizioni di middle management (quadri e dirigenti di primo livello) hanno un’età fra i 30 e i 38 anni – spiega Daniela Matranga, senior consultant di MCS a Milano e responsabile dello studio -. Hanno alle spalle una solida laurea, preferibilmente un master, un’ottima conoscenza dell’inglese e di almeno un’altra lingua straniera e un buon curriculum professionale che comprenda un periodo di studio o lavoro all’estero “. La capacità di innovazione e l’attitudine a lavorare in squadra sono le due caratteristiche principali emerse.

“Gli italiani sono probabilmente più abili di altri a comprendere ed adattarsi a culture diverse – conferma Gianfranco Lanci, Presidente di Acer Incorporated dallo scorso 1° gennaio, nonché CEO dell’IT Business Group della società con sede a Taiwan. “Questo è senza dubbio un vantaggio competitivo non indifferente. Credo quindi che il successo degli italiani vada comunque a ricercarsi nelle opportunità che altri mercati stanno offrendo e, per avere successo, forse la ricetta italiana è quella più valida. Personalmente ho, poi, sempre sostenuto che bisogna fare le cose elementari molto bene, poche cose ma fatte bene “.

In Italia, in particolare, le multinazionali ricercano soprattutto manager per vendite e marketing (42%), o funzioni di amministrazione e finanza (25%). Seguono operations (16%), sistemi informativi (8%) e risorse umane (4%). Oltre due terzi dei direttori del personale interpellati (68%) hanno segnalato, per le selezioni, l’importanza della provenienza da contesti simili per dimensione o complessità. “Le caratteristiche italiane, in diverse occasioni, possono fare la differenza, consentendo un approccio più solare, più aperto e più comunicativo ” sottolinea Matranga.

“I dati confermano le impressioni che nell’ambiente economico si possono avere da qualche tempo – sostiene Elio Borgonovi , Direttore del Ce.R.G.A.S. (Centro di Ricerche sulla Gestione dell’Assistenza Sanitaria) e membro fondatore dell’European Academy of Management (EURAM) -. Il sistema formativo italiano dà una visione globale dell’azienda; e quando si sale nelle gerarchie delle varie società, quando le responsabilità generali aumentano, queste sono peculiarità che possono fare la differenza. Il manager tricolore è più flessibile e meno standardizzati, nel bene e nel male, e in ambiti meno definiti come quelli di middle management mostrano tutta la loro capacità di adeguarsi “.

Una precedente esperienza all’estero (studio o lavoro) viene valutata molto positivamente da oltre la metà degli intervistati. Non sembra, invece, determinante la provenienza dallo stesso settore (35%). Otto aziende su dieci si aspettano che i manager siano disponibili a trasferirsi all’estero, se il gruppo offrisse posizioni in altri Paesi. Non esistono settori particolari che privilegiano l’italianità, tutti premiano la capacità creativa unita alle forti competenze.

“Per lavorare nell’ambiente multinazionale – aggiunge Matranga – sono sempre più richieste competenze a matrice, ovvero una visione a 360 gradi del business “. Sono pretese capacità di “comprendere tutti gli aspetti del business e di lavorare in una squadra internazionale “. Nel complesso, la presenza di italiani fra manager internazionali all’estero rimane ancora limitata, intorno al 3-4%, ma bisogna considerare che di solito queste posizioni sono riservate a manager della nazione che ospita la casa madre.

“Non esistono Paesi in cui la presenza di italiani viene richiesta maggiormente – continua il Senior Consultant di MCS – anche perché, trattandosi di multinazionali, le sedi si trovano in tutto il mondo. Esistono però le preferenze dei manager italiani, che amano principalmente andare a lavorare nelle grandi città, Parigi e Londra su tutte, e ultimamente molto anche in Spagna “.

“Oltre che guardare alle sfide commerciali che altri italiani come me hanno raccolto – prosegue Lanci –si dovrebbe guardare alle opportunità di business che altri mercati (fra cui senza dubbio il Far East) stanno offrendo . Ed è proprio in questo campo che credo che gli italiani siano più esperti “.

Perché solo ora la business community mondiale cerca i manager italiani? “Bravi uomini d’affari in Italia ci sono sempre stati – dice il fondatore dell’EURAM – ma la barriera della lingua è sempre stata un problema, oggi per fortuna superato grazie alla formazione scolastica e universitaria. Inoltre l’esperienza era solo in piccole e piccolissime aziende e il massimo a cui potevano aspirare era la carriera nei branch italiani delle ditte, senza alcuna possibilità però di fare il salto “.

Il problema è appunto che mentre da un lato aumenta il numero di manager italiani nel mondo, è difficile internazionalizzare le imprese e il sistema Italia . “Ci sono poche grandi imprese e sono sempre meno ” è l’opinione di Borgonovi. “Abbiamo molte persone valide che vanno all’estero e non tornano più in Italia, come succede anche nel caso dei cervelli: dobbiamo fare una politica che rafforzi il corpo intermedio delle realtà aziendali, anche di coloro che portano l’acqua! “. L’Italia conta solo otto società nella classifica delle prime 500 del mondo stilata da Fortune .

Aumentando il livello medio si potrebbero attrarre gli italiani all’estero e anche gli stranieri; e le istituzioni si potranno rafforzare. “Ora offriamo solo il deserto e i migliori manager italiani vanno all’estero – dice il Docente milanese – ma c’è bisogno di una politica di aggregazione delle imprese senza aiuti pubblici dallo Stato . Solo così le aziende diventeranno competitive all’estero e non solo in settori di nicchia come adesso “.

I manager italiani che ricoprono ruoli di rilievo nelle varie società multinazionali “potranno in futuro dare anche un contributo alle aziende italiane, rientrando in patria in posizioni importanti” conclude lo studio di MCS. “Si arricchisce, così, il patrimonio umano espresso dal nostro Paese “.

News ITALIA PRESS
3/2/2005