Bond: no alla proposta argentina
09/01/2009
I 450mila detentori sollecitano un miglioramento dello swap-capestro
Fermare con qualsiasi mezzo il treno in corsa della ristrutturazione del debito argentino. Costringere l’Argentina a migliorare in extremis i termini dello swap-capestro per i 450mila italiani detentori di Tango-bond, inasprendo la pressione politica con un duro intervento governativo ed esercitando maggior leva sui canali diplomatici, anche internazionali. Puntare al fiasco dell’Offerta pubblica di scambio tramite un boicottaggio di massa dei risparmiatori, sollecitato a viva voce dalle associazioni dei consumatori e appoggiato subdolamente dal sistema bancario.
È questa la levata di scudi contro l’Offerta pubblica di scambio argentina che ieri ha preso forma sia con un esplicito richiamo al Governo, da parte delle forze politiche di maggioranza e opposizione, sia con un ricorso al Tar preparato dall’Adusbef per bloccare un prospetto «non trasparente». Ma il Governo ha le mani legate: non può entrare in uno swap che non lo coinvolge direttamente come controparte, non può agire in maniera isolata scavalcando le istituzioni internazionali come l’Fmi. E non può accollarsi il debito contratto da uno Stato estero insolvente nei confronti dei privati cittadini: sarebbe un precedente pericolosissimo.
Nè tantomeno può istigare il “moral hazard”, dando l’illusione agli investitori che sui mercati finanziari chi corre alti rischi alla fine non mette in pericolo il capitale grazie alla rete di sicurezza dell’intervento pubblico. Insomma: lo Stato non può “accollarsi” quel 70% di risparmio degli italiani che l’Argentina intende cancellare scambiando vecchi bond con nuove obbligazioni a scadenza molto più lunga e con cedole molto più basse.
Sono queste le principali argomentazioni con le quali il ministro dell’Economia Domenico Siniscalco affronterà domani la commissione Finanze della Camera che ieri lo ha convocato d’urgenza sull’annoso problema dei Tango-bond. «Vogliamo dire al Governo di indurire la sua posizione nei confronti dell’Argentina», ha affermato con vigore ieri il presidente della commissione Giorgio La Malfa, secondo il quale esistono ancora ampi margini di manovra per inasprire la pressione politica su uno Stato che non è ancora uscito dalla crisi.
Il Governo ancora una volta ieri è stato accusato di latitanza dalle associazioni dei consumatori e dai membri dell’opposizione. Giorgio Benvenuto (Ds) ha denunciato «l’incapacità e l’avidità» di un esecutivo che ha chiuso gli occhi di fronte al dramma dei centinaia di migliaia di investitori privati, molti dei quali hanno perso tutti i risparmi di una vita.
Ieri sera a Palazzo Chigi, con la tensione politica che saliva alle stelle, si è tenuto un vertice tra il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e il ministro Siniscalco per fare il punto, tra le altre cose, anche sul caso dei Tango-bond, già illustrato dal numero uno di Via XX Settembre al premier in una nota tecnica redatta lunedì. Questa mattina intanto presso la commissione Finanze si tiene un’audizione informale di Nicola Stock, presidente della Task Force Argentina, istituita dal sistema bancario per tutelare gratuitamente gli interessi dei sottoscrittori di Tango bond. Stock spiegherà ai deputati la presa di posizione della Tfa come anche del Gcab (Global committee of Argentina bondholders): l’Ops è inaccettabile e i risparmiatori sono invitati a non aderire.
Solo il fiasco dello swap potrà riportare l’Argentina sui suoi passi per rivedere all’insù l’offerta che potrebbe rimborsare, secondo la Tfa, fino al 50-55% del capitale. L’Adusbef tenterà invece di far deragliare il treno in corsa dello swap con un ricorso al Tar.
Il Sole 24 Ore
Isabella Bufacchi
12 gennaio 2005