Azienda Italia, Pil +0,3% e deficit al 2,4%
09/01/2009
Azienda Italia, Pil +0,3% e deficit al 2,4%
La revisione in peggio della crescita del Pil dal precedente 0,4% risente dei due giorni lavorativi in meno rispetto al 2002. L’obiettivo di un disavanzo di bilancio sotto il 3% è confermato, ma l’economia continua a ristagnare. I consumi sono deboli, gli investimenti e le esportazioni in sensibile calo. I nuovi conti economici Istat per il quadriennio 2000-2003. Parte in notevoli difficoltà il 2004.
di Michele De Gaspari
L’informazione più attesa dell’odierno appuntamento con i dati dell’Istat – che fanno seguito alla stima preliminare del Pil per il 2003, resa nota lo scorso 13 febbraio – è senza dubbio quella sul rapporto deficit/Pil, principale parametro di Maastricht e primo indicatore dell’avvenuto rispetto del Patto di stabilità europeo, che per l’Italia si traduce nel Programma di stabilità 2003-2007, recentemente approvato dall’autorità di Bruxelles. La stima provvisoria del conto consolidato delle amministrazioni pubbliche registra per il 2003 un indebitamento netto (la misura del deficit) pari al 2,4% del Pil, in linea dunque con il valore (confermato al 2,3%) dell’anno precedente. In termini monetari correnti il disavanzo si attesta a 31,8 miliardi di euro, facendo segnare un moderato rialzo dai 28,4 miliardi del 2002.
Il saldo primario è sceso, invece, al 2,9% del Pil (dal 3,5%) e conferma il significativo peggioramento in atto ormai da alcuni anni negli equilibri del bilancio pubblico, calcolato al netto degli interessi sul debito (nel 1999-2000 tale rapporto era pari al 5% circa). In diminuzione è il rapporto debito/Pil, che ha così toccato il 106,2%, dal 108% di fine 2002, risentendo di rilevanti operazioni di dismissione patrimoniale e dell’apprezzamento del cambio sui debiti denominati in valuta. La pressione fiscale complessiva (imposte dirette, indirette, in conto capitale e contributi sociali) è, inoltre, tornata a crescere, avendo fatto registrare un aumento dello 0,9% sull’anno precedente (dal 41,9% al 42,8%), risultato di un prelievo tributario in espansione in tutte le sue componenti.
I dati completi dell’Istat sui conti economici nazionali 2003, pubblicati insieme alla revisione di quelli dei tre anni precedenti, confermano che l’azienda Italia ancora una volta è rimasta sostanzialmente ferma. La crescita del Pil di appena lo 0,3%, addirittura inferiore allo 0,4% del 2002, rappresenta il risultato più modesto dell’ultimo decennio, dopo la variazione negativa del 1993, ed è rivista al ribasso sia rispetto alle più recenti stime governative, sia alle attese dei principali centri di ricerca sulla congiuntura. Preoccupa, in particolare, l’andamento del quarto trimestre dello scorso anno, in cui il Pil ha ristagnato sui livelli del periodo precedente, riducendo così a un insignificante 0,2% l’effetto di trascinamento sul 2004.
Il freno della domanda estera
Nel 2003 il valore del Pil ai prezzi di mercato è stato pari a 1.301 miliardi di euro correnti, in aumento del 3,2% rispetto al 2002, che si riduce allo 0,3% se calcolato a valori costanti, così come si è verificato nell’anno precedente. Dal lato degli impieghi, la crescita in termini reali è stata dell’1,3% per quanto riguarda i consumi delle famiglie residenti e del 2,2% per i consumi collettivi (amministrazioni pubbliche e istituzioni sociali private), mentre sono diminuiti del 2,1% gli investimenti fissi lordi. Le esportazioni di beni e servizi, a loro volta, hanno fatto registrare un calo complessivo del 3,9%, che ha riguardato entrambe le componenti delle merci e dei servizi.
Il contributo positivo della domanda interna alla crescita del Pil è stato, pertanto, controbilanciato anche lo scorso anno dal negativo apporto del saldo estero, dal momento che sono continuate a diminuire, sia pure di poco (-0,6%), le importazioni di beni e servizi. Ancora significativamente positivo è risultato, poi, il contributo della variazione delle scorte. La flessione degli investimenti fissi lordi è, invece, dovuta all’andamento negativo degli acquisti di macchinari, attrezzature e mezzi di trasporto (-6% circa), mentre le costruzioni hanno registrato un aumento contenuto (+1,8%). Dal punto di vista della formazione del prodotto, i settori dei servizi, insieme a quello delle costruzioni, hanno sostenuto la modesta crescita del Pil; l’industria in senso stretto (manifatturiera) e l’agricoltura hanno fatto segnare, per contro, un ulteriore declino del valore aggiunto.
Negli altri principali paesi dell’area Ocse, sempre nella media del 2003, si è registrata una crescita del 3,1% per gli Stati Uniti, del 2,6% in Giappone, del 2,3% in Gran Bretagna, del 2,4% in Spagna, dello 0,2% in Francia, mentre è risultata in calo dello 0,1% la Germania. Nella zona euro, in particolare, il Pil è aumentato dello 0,4%, solo poco più dell’Italia e un po’ meno che nell’Unione europea a quindici (0,7%), mostrando cosi una crescita anemica, indebolita dall’evoluzione deludente dei tre maggiori paesi dell’area.
Un 2004 ancora debole e di transizione
La Commissione Ue e la Banca centrale europea non sono, tuttavia, pessimiste sulle prospettive della congiuntura nel Vecchio continente e prevedono un’accelerazione della crescita nel corso del primo semestre 2004. Eurolandia dovrebbe, quindi, prendere velocità, sia pure senza mostrare impennate, archiviando così la fase di stagnazione che ha interessato gran parte del 2003. L’economia mondiale è, del resto, diffusamente ripartita nella seconda metà dello scorso anno e sembra aver imboccato un sentiero di solida crescita in questi primi mesi del 2004. Il cambio di marcia è dovuto, come nel recente passato, a Stati Uniti e Asia orientale (Cina in testa), che stanno alimentando la ripresa anche negli altri paesi e aree, favorendone la sua espansione geografica, sia pure con diversa intensità.
La debolezza della congiuntura italiana nel quarto trimestre 2003 – ma per meglio capire l’effettiva situazione occorre aspettare il dettaglio dei conti trimestrali, che saranno diffusi dall’Istat il prossimo 10 marzo – rende, però, difficile una partenza spedita nella prima metà di quest’anno e l’obiettivo di una crescita del Pil all’1,9%, indicato nella Relazione previsionale e programmatica per il 2004, si allontana di conseguenza ulteriormente; tanto più che le stime di consenso dei principali centri di previsione macroeconomica non vanno oltre l’1,5-1,6%, con tendenza semmai a rivedere le cifre al ribasso, alla luce degli ultimi magri risultati. Torna, dunque, lo spettro di un altro anno di transizione per la nostra economia, che metterà a segno qualche piccolo progresso, ma il bilancio finale continuerà a essere deludente rispetto alle attese di una nuova stagione di crescita.
Il Sole 24 Ore -1 marzo 2004-