Atlantia, in Cile e Brasile le nuove prede
25/11/2008
Bastano pochi mesi per cambiare il mondo. Vale per i piani di sviluppo su base internazionale di Atlantia. Nel luglio scorso, alla comunità finanziaria londinese, i vertici della concessionaria autostradale avevano esposto un programma vasto e ambizioso, fatto di numerosi capitoli. Libro da rivedere, alla luce della crisi globale. Ma nella riscrittura ci sta pure un capitolo nuovo e imprevisto. Oltre a tagliare le iniziative immaginate in Messico e Turchia, infatti, Atlantia sta lavorando per essere nel pool candidato a rilevare gli asset autostradali di Sacyr, "La crisi permette di cogliere opportunità interessanti a costi molto convenienti, per chi come noi ha adeguata flessibilità finanziaria. Fino a un anno fa, venivamo spesso considerati troppo poco aggressivi e poco propensi a utilizzare la leva del debito.
Oggi la cautela passata è evidentemente un fattore di forza" rimarca Giovanni Castellucci, amministratore delegato di Atlantia (ex Autostrade). Che puntualizza come il gruppo controllato dai Benetton sia "orientato a privilegiare nelle sue strategie di crescita paesi come Cile e Brasile, nei quali siamo già presenti e che hanno importanti prospettive economiche e di incremento demografico. Ricordo che sono numerose le concessioni autostradali messe in vendita, soprattutto da parte di società di costruzioni spagnole. Il caso di Sacyr è uno soltanto, noi stiamo monitorando tutto questo quadrante". Il manager Castellucci non li nomina, ma da Sacyr a Ferrovial, da Cintra a Acciona, vari sono i gruppi iberici chiamati dal sistema bancario a fare cassa per rientrare dal debito e ristrutturare l’impianto di business per fronteggiare la crisi. In un recente report di Ubs emergeva come il traffico su talune tratte autostradali sia diminuito del 10%, tanto da contribuire a far precipitare i corsi azionari della società gestore.
La partita che giunge per prima a maturazione riguarda Sacyr, da almeno un paio di settimane secondo la stampa spagnola pronta a cedere la controllata Itinere alla cordata costituita da Citi, Abertis Infraestructuras e Atlantia. Il trio avrebbe concertato lo spacchettamento delle numerose concessioni gestite da Itinere, assegnando a Atlantia le autostrade cilene Vespucio Sur, Red Via Litoral y Nororiente, Los Lagos, e brasiliane (Triangolo do Sol). Una rete di circa 700 chilometri, che vanno aggiunti alla tratta Costanera Norte già sotto il controllo del gruppo italiano da un paio d’anni (rilevata da Impregilo). Quanto al ruolo di Citi, nettamente preponderante nell’operazione, contempla l’acquisizione di un network di 3mila chilometri di strade a pagamento in Spagna e Brasile, mentre Abertis conquista due tratte cilene di cui ha già una partecipazione (El Elqui e Rutas del Pacifico).
"Il terremoto sui mercati finanziari – commenta Castellucci – ci chiede ulteriore selettività e una revisione delle nostre strategie. Dobbiamo guardare ai paesi con più solide prospettive economiche e dotati di risorse naturali". In questa cornice rientrano dunque Cile e Brasile, ma anche l’India. Non ci sta il Messico, sono molto a rischio Russia e Polonia. Riguardo a quest’ultimo paese, dove peraltro Atlantia è presente con la controllata Stalexport, Castellucci senza remore sostiene che l’esito delle gare in corso "è molto incerto per via della marcata difficoltà emersa nelle ultime settimane nel reperimento dei finanziamenti necessari". In forma meno diplomatica, potremmo dire che la costruzione dell’autostrada polacca denominata A2, che vale un impegno di spesa di 1,2 miliardi di euro, non trova oggi accoglienza da parte del sistema creditizio. Non meno complicata appare la situazione in Russia, pesantemente colpita dallo tsunami finanziario e dalla caduta del prezzo del petrolio. Agli inizi di ottobre Atlantia non ha presentato l’offerta finale alla gara per la costruzione e gestione del primo lotto dell’autostrada MoscaMinsk.
"Stiamo alla finestra, per ora, mantenendo la massima attenzione all’evoluzione di questa importante e insieme assai complessa partita" si limita a dire Castellucci. Un’altra partita finita in standby è andata in scena in Turchia, dove il governo ha avviato un esteso piano di privatizzazione delle infrastrutture aeroportuali e autostradali. A proposito di strade a pedaggio, era prevista la cessione di una rete di oltre 1.600 chilometri (e altri 244 chilometri in costruzione). Ma anche in questo caso l’onda della crisi ha spinto le autorità turche a sospendere ogni iniziativa, dopo avere sondato l’orientamento degli istituti di credito e dei principali operatori in infrastrutture.
Nel numero dei capitoli nuovi va citata pure l’avventura nel subcontinente indiano. Il governo di New Delhi ha elaborato un programma di sviluppo della rete autostradale articolato in 39 concessioni per un totale di circa 3.900 chilometri. Atlantia, peraltro, ha quale partner il gruppo Tata, in stretti rapporti di collaborazione con i Benetton anche su altri filoni di business. "Vorrei fosse chiaro – sottolinea l’amministratore delegato – che In India investiremo al massimo un centinaio di milioni di euro di equity". Un parametro per leggere quest’ultima affermazione può essere utile: un chilometro di autostrada in India richiede un investimento di un paio di milioni di euro.
"Vorrei fosse altrettanto chiaro che, soprattutto ora, la priorità per il nostro Gruppo resta l’Italia, dove abbiamo un piano di investimenti di 25 miliardi di euro fino al 2018".
Una massa di denaro imponente, che interessa assai al governo Berlusconi nel suo disegno di infrastrutturare il paese e, insieme, di contrastare la crisi. Nel prossimo anno dovrebbero essere spesi in cantieri 1,4 miliardi. Riguardo al processo di credit crunch, Castellucci non teme ripercussioni e segnala come vi siano linee di credito committed non utilizzate per oltre un miliardo di euro. "E intendiamo a breve di aumentare questa disponibilità, in modo da essere in grado di rispondere più rapidamente al piano infrastrutturale del governo". Da accreditate fonti finanziarie risulta infatti che Atlantia stia concludendo la negoziazione di linee di credito per un importo ulteriore di 1,5 miliardi.
Fonte:
La Repubblica