Argentina bond, l’offerta chiude oltre quota 76%

09/01/2009

ROMA • La realtà, è proprio il caso di dirlo, supera la finzione.

L’Argentina ha annunciato ieri che le adesioni all’Offerta pubblica di scambio lanciata su 81,8 miliardi di dollari di debito in default sono state pari a 62,2 miliardi. Questa cifra di accettazioni, corrispondente ai bond in linea capitale aderenti all’Ops ( forse non tenendo conto di piani di ammortamento e capitalizzazione validi invece per gli 81,8 miliardi), corrisponde a un quorum di adesioni del 76,07%: il dato definitivo verrà annunciato il 18 marzo. Uno scrittore di fantafinanza non avrebbe mai osato tanto. L’annuncio è stato fatto dal ministro dell’Economia argentino Roberto Lavagna.

Sia pur se ancora non definitivi, questi primi dati ufficiali sull’esito della più grande ristrutturazione di debito sovrano di tutti i tempi hanno scritto ieri una nuova, controversa forse tragica pagina nella storia dei mercati finanziari. L’Argentina è riuscita a portare a termine quella che fino a poco tempo fa veniva definita dai più una ” missione impossibile”: far accettare una perdita di capitale senza precedenti ( attorno al 70%) a una quota superiore al 70% di un gruppo estremamente eterogeneo di centinaia di migliaia di creditori, banche, fondi, investitori istituzionali e risparmiatori privati sparsi in tutto il mondo e detentori di 178 differenti emissioni per un controvalore di oltre 100 miliardi di dollari.

Un’impresa faraonica, salutata nelle sue fasi iniziali dal coro degli scettici che hanno intonato pronostici di flop su scala mondiale. Un precedente per certi versi clamoroso, destinato ad avere un impatto indelebile sul mercato del debito dei Paesi emergenti per gli anni a venire.

Per centrare il suo obiettivo, l’Argentina ha studiato e programmato ogni mossa e contromossa, si è preparata attentamente per tre lunghi anni senza tralasciare alcun dettaglio, ha studiato i suoi avversari. E poi, dopo gli inevitabili intoppi dell’ultim’ora, ha lanciato lo scorso 14 gennaio una monumentale Offerta pubblica di scambio globale e volontaria durata sei settimane: uno swap per scambiare 152 vecchi titoli ( governati da otto leggi e denominati in sei valute) in 13 nuovi bond ( quattro sistemi legislativi e quattro valute) suddivisi in par bond, discount, quasi discount e titolo bonus ancorato all’andamento del Pil.

La complessità di questa operazione, ritenuta ” uno scambio capestro” dai piccoli risparmiatori, ha portato le associazioni dei consumatori nazionali e internazionali, capitanate dal tandem Tfa Gcab ( Task force argentina Global committee of argentina bondholder), a scommettere sul fiasco. Questa scommessa è stata persa malamente, soprattutto dalla Tfa italiana che tra tutte le sue alleata è stata la più coinvincente in casa: solo il 27,8% dei 14,5 miliardi di dollari di Tango bond in Italia ha aderito all’Ops. Gli italiani che hanno accettato lo swap hanno consegnato titoli per 4 miliardi: altri si sono sbarazzati del rischio argentina vendendo sul secondario per 2,5 miliardi di dollari di valore nominale. In tutto 6,5 miliardi: restano in circolazione in Italia 8 miliardi di dollari di vecchi Tango bond.

Gli italiani che non hanno aderito all’Ops, adottando alla lettera il consiglio di tutte le associazioni che si sono battute in questi tre anni a difesa dei bondholder, restano in fiduciosa attesa dell’annuncio delle prossime mosse della Tfa. Nicola Stock, presidente della Task force, in questi giorni caldi è stato assente dalla scena: era prevedibile che non scoprisse le sue carte fino all’annuncio dei primi dati ufficiali sull’esito delle adesioni. Ora però, all’indomani dell’annuncio dei primi dati sulle adesioni, la parola passa a Stock.

Il Sole 24Ore
4/4/2005