America Latina: le prospettive per il mercato delle materie prime

23/02/2010

A cura di Valentina Origoni

L’America Latina non è stata immune dalla crisi globale, ma ha dimostrato una capacità di reazione inaspettata. Molti paesi della regione, infatti, sembrano essere in grado di uscire da tale recessione in tempi più rapidi rispetto ad alcune economie avanzate

In particolare, le prospettive dei paesi esportatori di materie prime, travolti dal crollo dei prezzi del 2008, sembrano positive. L’aumento della domanda che arriva dai mercati emergenti, infatti, sta già provocando un rialzo dei prezzi, destinato a continuare per tutto il 2010, favorendo la ripresa dell’economia nei paesi che ne sono ricchi. Mentre Cile e Brasile potrebbero tornare a livelli di crescita molto elevati, l’evoluzione della situazione del Venezuela, invece, potrebbe rivelarsi molto diversa.

Quale trend per i prezzi delle materie prime nel 2010?

Secondo il Fondo Monetario Internazionale l’economia dell’America Latina nel 2010 crescerà del 2,9%, trascinata dalle performance dei paesi esportatori di commodities, che registreranno un aumento del 3,8%. A differenza di quanto successo in passato, infatti, al crollo dei prezzi delle materie prime del 2008 è seguito un rialzo graduale già a partire dal secondo trimestre dell’anno successivo. Tale fenomeno è stato provocato dal riavvio delle economie emergenti, in particolare dalle grandi economie asiatiche. L’aumento della domanda della Cina, paese che ha risentito di meno della recessione e che rappresenta il mercato più importante per gli esportatori di metalli latinoamericani, ha avuto un ruolo determinante.Secondo un rapporto del FMI, la crescita dei prezzi è stata favorita in primo luogo dall’effetto degli interventi statali volti a sostenere l’economia, che hanno migliorato la percezione del futuro degli investitori convincendoli che il peggio fosse ormai passato. L’aumento di fiducia nella situazione finanziaria futura ha influito sulle aspettative di domanda di materie prime e di conseguenza sull’andamento dei prezzi. A ciò si è poi aggiunta la ripresa rapida e inaspettata della produzione industriale in Asia. Secondo le previsioni degli economisti, la situazione dovrebbe continuare in modo graduale in questa direzione anche nei prossimi mesi. Alla domanda asiatica, in continua crescita, si affiancherà anche quella delle economie avanzate la cui produzione industriale ripartirà nel 2010. Secondo il FMI, l’evoluzione dei prezzi dipenderà anche da alcuni fattori macroeconomici, quali i prezzi dei beni e dei servizi commerciati sui mercati internazionali. Tale quadro per il 2010 non potrà che favorire i paesi esportatori latinoamericani. I dati forniti dallo stesso FMI parlano chiaro: il Brasile crescerà del 3,5%, il Cile del 4%, la Colombia del 2,5%, il Messico del 3,1% e il Perù addirittura del 5,8%. L’unica eccezione a questo trend è il caso del Venezuela, la cui crescita economica registrerà addirittura un risultato negativo: -0,4%.Le buone performance di queste economie sono state favorite in primo luogo dalla capacità di reagire alla recessione. In particolare, Cile e Brasile hanno affrontato la crisi con basi macroeconomiche stabili, dovute alla disciplina fiscale degli anni precedenti. I governi qui hanno avuto libertà di manovra per varare misure fiscali anticicliche volte a sostenere l’economia. Per quel che riguarda il Cile, l’andamento futuro dipenderà soprattutto dal prezzo del rame, di cui è il maggior produttore al mondo. Il governo gestisce lo sfruttamento di tale risorsa, da cui dipende un’ampia fetta delle finanze pubbliche, tramite l’impresa mineraria statale Codelco (Corporación Nacional del Cobre). Secondo le stime della Sonami (Sociedad Nacional de Mineria de Chile) la produzione di rame in Cile dovrebbe crescere del 5-6% nel 2010. Dopo il crollo del 2008, alla fine del 2009 il prezzo del rame era già quasi duplicato. Gli investimenti cinesi nel settore delle infrastrutture, infatti, hanno provocato un boom nella domanda di tale risorsa. Stesso effetto hanno sortito anche sul prezzo dei minerali di ferro, di cui invece il Brasile è uno dei maggiori esportatori. I vertici della brasiliana Vale (Vale do Rio Doce), gruppo minerario più importante al mondo per la produzione e l’esportazione di tali risorse, si aspettano per il prossimo anno un record nelle esportazioni. Attualmente la capacità produttiva è di 310 milioni di tonnellate all’anno. Nei primi nove mesi del 2009 l’invio di minerali di ferro alle industrie siderurgiche cinesi è aumentato del 40% raggiungendo i 100 milioni di tonnellate, come conseguenza della diminuzione delle importazioni di Stati Uniti ed Europa. Anche tali mercati sembrano destinati a riprendersi nel 2010. Nonostante le buone prospettive, infatti, i prezzi di queste materie prime dipenderanno anche dalla capacità di ripresa delle economie più avanzate.

L’eccezione del Venezuela

Secondo il FMI, il Venezuela sarà l’unico paese della regione latinoamericana a registrare una crescita di segno negativo nel 2010. Nonostante appartenga al gruppo di stati esportatori di materie prime che saranno favoriti dall’aumento dei prezzi, il Venezuela sembra andare nella direzione opposta. Tale anomalia è da ricercarsi nella struttura economica di questo paese. La totale dipendenza dalle esportazioni di petrolio, che ha fruttato enormi guadagni allo stato quando i prezzi sono saliti alle stelle, ha fatto mancare una struttura economica solida, che possa permettere una crescita duratura nonostante la diminuzione delle entrate petrolifere. I dati relativi alla crescita parlano chiaro: 10.3% nel 2006, 8.4% nel 2007, 4.8 nel 2008, % -2.0% nel 2009 e -0.4% nel 2010.Secondo l’OPEC, l’Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio, la domanda di tale risorsa nel 2010 rimarrà sostanzialmente invariata; alla diminuzione della domanda di 1,2 milioni di barili al giorno da parte dei paesi OSCE si affiancherà l’aumento di quella dei mercati emergenti di 1 milione, registrando, quindi, una crescita totale di appena 0,8 milioni di barili al giorno. Tale tendenza sembra indicare un assestamento dei prezzi del greggio intorno ai 75-80 dollari al barile, prezzi che, secondo l’OPEC, resteranno comunque vulnerabili agli sviluppi economici dei prossimi mesi. Da ciò l’annuncio del presidente Chávez di una svalutazione del Bolivar volta a diminuire la dipendenza dell’economia dal petrolio. Il cambio di 2,15 bolivares per dollaro sarà sostituito da un sistema multiplo che prevede un cambio di 4,30 per la maggior parte delle transazioni e di 2,60 per le importazioni di beni e servizi di base.Secondo il governo tale manovra aiuterà ad affrontare la recessione perché, rendendo più competitivi i prodotti venezuelani, permetterà di sviluppare le esportazioni e così di diversificare l’economia. Secondo alcuni osservatori, però, per un paese le cui esportazioni dipendono per il 90% dal petrolio, il cui pagamento avviene in dollari, tale scelta non farà che aumentare i guadagni in bolivares dello stato. A ciò si aggiunge la possibilità di un aumento dell’inflazione, che già costituisce uno dei problemi più gravi del paese; questa ha subito una preoccupante ascesa negli ultimi anni, 22.5% nel 2007, 30.9% nel 2008 e 28% nel 2009, registrando i livelli più alti della regione. Infatti la forte dipendenza dalle importazioni sarà aggravata dalla svalutazione della moneta, che renderà più caro l’acquisto di beni acquistati internazionalmente. Un’ulteriore diminuzione del potere d’acquisto dei cittadini potrebbe provocare malcontento sociale e mettere in difficoltà il presidente. Questa questione, aggiunta alla situazione dell’economia venezuelana, potrebbe influenzare i risultati delle elezioni parlamentari che si terranno a settembre.

Conclusioni

Pur non sottovalutando il carattere volatile e instabile dei prezzi delle materie prime, le prospettive per il 2010 vedono un graduale rialzo dovuto alla crescita della domanda da parte delle economie avanzate. I paesi latinoamericani esportatori di tali risorse non potranno che beneficiare di tale situazione; lo faranno Cile, Brasile insieme a Perù, Colombia e Messico. Situazione diversa per il Venezuela, la cui economia in gran parte dipendente dalle esportazioni di petrolio, sembra restare indietro rispetto alle performance della regione. L’evoluzione dei prossimi mesi non potrà che dipendere in buona parte dagli effetti della svalutazione del Bolivar voluta da Chávez. Nonostante la vittoria alle ultime elezioni, il presidente venezuelano dovrà affrontare le elezioni parlamentari a settembre e il risultato sarà determinato anche dalle manovre adottate per migliorare l’attuale situazione economica.

 

Fonte:
Fondionline.it