PITTORESCA – “Un mondo senza Venezia è un mondo meno bello”, avvisa il regista di Welcome Venice in mostra in Brasile

23/11/2021

PITTORESCA ha parlato in esclusiva con Andrea Segre del lungometraggio acclamato nella programmazione del 16° Festival del Cinema Italiano in Brasile

Tra le 20 variegate opzioni di “mete” per l’Italia, ho deciso di iniziare da Venezia, città che ho visitato alcuni anni fa in piena estate europea, quando era affollata di turisti da ogni parte del mondo, anche sotto un Sole a 40 gradi. Non me ne sono pentita. Anche perché il lungometraggio Welcome Venice, del regista veneziano Andrea Segre, è proprio un invito a dare uno sguardo alla vita reale della città in un confronto tra il tradizionale e il globale.

Il film è uno dei principali nella programmazione del 16° Festival del Cinema Italiano in Brasile, in mostra gratuita sul sito dell’evento fino al 5 dicembre. Al mio ritorno a Venezia, fin dall’inizio mi sono sentita a mio agio con la splendida fotografia di acque grigie in contrasto con un cielo se non grigio, pieno di rosso come il giorno in cui ero lì – scene che si ripetono innumerevoli volte durante la trama.

In questo scenario apparentemente tranquillo, più precisamente nell’isola della Giudecca, la più grande di Venezia, vivono i protagonisti: i fratelli Alvise e Pietro, discendenti di una famiglia di pescatori di moeche (granchi tipici della laguna veneta). I fratelli hanno profili opposti: Alvise si vanta dell’ascesa economica, mentre Pietro, ex detenuto per rapina, mantiene una vita semplice da pescatore.

Per intensificare le differenze tra loro, interpretati rispettivamente da Andrea Pennacchi e Paolo Pierobon, due grandi attori del cinema italiano contemporaneo, Alvise vuole trasformare la residenza di famiglia, dove vive Pietro, in una proprietà per affitti vacanze per turisti stranieri. Tuttavia, Pietro è contrario all’idea.

Lo sfondo dei guai familiari – che si riversano sulla moglie, sui figli, sui genero e persino sui nipoti – permea le trasformazioni globali che Venezia e molte altre città stanno vivendo con l’impatto del turismo globale, che si basa su speculazione immobiliare, nella vendita di “esperienze istantanee” e nello scontro tra le tradizionali e le nuove abitudini.

In una città come Venezia, con 1600 anni di storia, che soffre del sovraffollamento turistico delle sue isole, il turismo di massa è una questione importante tra i suoi abitanti e dovrebbe esserlo anche tra i suoi visitatori.

“Il mondo ha bisogno di capire che Venezia sta scomparendo e un mondo senza Venezia è un mondo meno bello”, mi ha detto il direttore di Welcome Venice durante un’intervista esclusiva a PITTORESCA.

Con più di 10 film nella sua filmografia, Andrea Segre preferisce affrontare temi sociali ed etnici nelle sue opere cinematografiche. Nell’intervista che segue, il regista porta alcune curiosità sull’universo di Welcome Venice, film tra i più elogiati alla 16° edizione del Festival del Cinema Italiano in Brasile.

PITTORESCA- Il film Welcome Venice affronta un tema universale in diverse città, la speculazione immobiliare, il turismo globale e la “vendita” di esperienze basate sulla cultura regionale. Come vede questi cambiamenti, soprattutto in una città come Venezia?

A. SEGRE – A Venezia non esiste il centro storico, Venezia è tutta centro storico. Ed è tutta città d’arte. Parlo di Venezia insulare, che però è l’unica Venezia dove esiste la vita sull’acqua, caratteristica unica e ineguagliabile. Per questo l’impatto del Turismo su Venezia è totalizzante. Tutta Venezia è stata in questi anni trasformata dal turismo, la città è letteralmente svuotata, come molti centri storici di altre città, ma appunto in questo casa è tutta la città, la città nella sua totalità. Ciò che dovrebbe capire il mondo è che Venezia sta scomparendo e un mondo senza Venezia è un mondo meno bello.

PITTORESCA- Ha avuto qualche ispirazione personale per raccontare la storia dei fratelli Alvise e Piero?

A. SEGRE – Mio padre è cresciuto a Venezia. Io no, a Padova. Ma andavo tutte le settimane a trovare mia nonna. E ho vissuto la trasformazione della città. I figli degli amici di mio padre, veneziani miei coetanei, piano piano se ne sono andati e quando sono diventato grande non era rimasto più nessuno da andare a trovare. L’unico rimasto era Pietro, figlio di una cara amica di mio padre. Forse per questo Pietro si chiama così nel film. Anche se Pietro fa il barista, non il pescatore.

PITTORESCA- Cosa ne pensa della produzione cinematografica italiana contemporanea?

A. SEGRE – Viviamo una bellissima fase di vivacità e poliedricità. Dopo un ventennio di preponderanza di direzioni commerciali più omologate, negli ultimi dieci, quindici anni la cinematografia Italiana si è arricchita di sguardi, di sperimentazini, di contaminazioni, reinventando sia la tradizione realista che quella surrealista, in un dialogo tra finzione e realtà che aiuta a sognare sempre di più. I successi internazionali di critica lo dimostrano e anche il pubblico reagisce. Certo pandemia e piattaforme non aiutano, ma possono anche essere utili stimoli.

PITTORESCA – Lei segue qualcosa sul cinema brasiliano?

A. SEGRE – Purtroppo è una cinematografia che conosco poco.

 BRUNA GALVÃO, è giornalista specializzata in Italia  bruna.galvao@agenciacerne.com.br



Immagini: divulgazione